Transizione 4.0: come ha funzionato

Durante i primi tre anni di attuazione del Piano Transizione 4.0 le imprese italiane hanno accumulato complessivamente 29 miliardi di euro in crediti d’imposta per investimenti mirati alla digitalizzazione del sistema produttivo.

Questi incentivi hanno generato un incremento degli investimenti, con effetti positivi su occupazione e fatturato delle imprese beneficiarie, in particolare per le PMI e per le aziende che hanno adottato tempestivamente le misure previste.

Questi dati provengono dal “Rapporto intermedio di valutazione dell’impatto economico degli interventi del Piano Transizione 4.0”, redatto dal Comitato scientifico composto da esponenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e della Banca d’Italia.

Il rapporto fornisce una prima analisi sull’impatto economico, sull’efficacia e sull’efficienza degli interventi promossi dal Piano, introdotto con la Legge di Bilancio del 2020.

Dei 29 miliardi complessivi, oltre 23 miliardi di euro – pari a più dell’80% – sono stati destinati a investimenti in beni materiali 4.0. I rimanenti 6 miliardi, invece, sono stati ripartiti tra ricerca e sviluppo, beni immateriali e formazione 4.0.

L’analisi evidenzia che la maggior parte dei crediti d’imposta è stata utilizzata da società di capitali, che hanno registrato percentuali rilevanti nei diversi ambiti di investimento:

  • 83% degli investimenti in beni materiali 4.0
  • 91% degli investimenti in beni immateriali 4.0
  • 98% degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione (R&S&I)
  • 92% delle attività di formazione 4.0

Per quanto riguarda i beni materiali, oltre il 60% dei crediti d’imposta è stato maturato da imprese di piccole e medie dimensioni.

Passando ai beni immateriali, quasi il 50% dei crediti è stato ottenuto da micro e piccole imprese, che rappresentano inoltre il 70% dei beneficiari totali.

Nel caso del credito d’imposta per R&S&I, le micro e piccole imprese hanno beneficiato rispettivamente del 17% e del 24% del totale, con una netta prevalenza delle grandi imprese in questo ambito.

Il credito d’imposta per la Formazione 4.0 ha avuto una distribuzione particolare rispetto alle altre misure del Piano Transizione 4.0. Le micro e piccole imprese hanno assorbito ben il 78% del totale, mentre oltre il 37% delle imprese beneficiarie si trovava al Sud, una percentuale più che doppia rispetto agli altri crediti previsti dal piano.

Diversamente da altre agevolazioni, il settore manifatturiero, generalmente predominante, ha utilizzato solo il 28% dei crediti per la Formazione 4.0. Questa diversità può essere spiegata dai limiti di spesa inferiori rispetto ad altri incentivi, che hanno inciso sulla distribuzione delle risorse.

Le grandi imprese, meno numerose, hanno ricevuto complessivamente meno fondi per questo tipo di credito rispetto a quelli con soglie di spesa più alte. Per la Formazione 4.0, il limite di spesa per le piccole imprese era fissato a 300.000 euro, contro i 250.000 euro previsti per altre aziende. Questo tetto più elevato è stato pensato per favorire le imprese di dimensioni minori, che spesso necessitano di maggiore supporto per colmare i gap in innovazione e digitalizzazione.

Tra il 2020 e il 2022, le società di capitali sono state i principali beneficiari dei crediti d’imposta per investimenti in beni materiali 4.0, accumulando circa l’83% del valore totale e rappresentando oltre il 50% delle aziende coinvolte. Complessivamente, circa 85.000 società di capitali hanno usufruito di questi crediti, per un totale di oltre 18 miliardi di euro. Il 2021 si è distinto come anno di punta, con circa 9 miliardi di euro maturati, grazie a tassi di credito più vantaggiosi e alla ripresa post-pandemia.

Le imprese di medie e piccole dimensioni hanno maturato oltre il 60% dei crediti, rispettivamente 5,7 miliardi e 5,6 miliardi di euro. Le grandi imprese hanno ottenuto più di 4 miliardi, mentre le micro imprese si sono fermate a 2,6 miliardi di euro. In termini di credito medio, le grandi imprese hanno ricevuto circa 656.000 euro, più del doppio rispetto alle medie (290.000 euro). Le micro e piccole imprese hanno registrato valori medi significativamente inferiori, pari a 53.000 e 134.000 euro rispettivamente.

Dal punto di vista geografico, il 70% dei crediti è stato maturato da imprese del Nord Italia, per un totale di 12,6 miliardi di euro, seguite dalle imprese del Sud (3 miliardi) e del Centro (2,6 miliardi). Le aziende del Nord Ovest hanno maturato crediti medi superiori dell’80% rispetto a quelle del Mezzogiorno, ma i dati, basati sulla residenza fiscale, non sempre riflettono la localizzazione effettiva degli investimenti, soprattutto nel caso delle grandi imprese con sedi distribuite su più regioni.

Settorialmente, il manifatturiero ha dominato, maturando oltre il 60% dei crediti (circa 11,5 miliardi di euro), seguito dai settori del commercio e delle costruzioni. Le imprese energetiche hanno registrato i crediti medi più elevati (231.000 euro), seguite da quelle manifatturiere (225.000 euro) e dai trasporti (163.000 euro).

Nel tempo, la distribuzione dei crediti d’imposta per gli investimenti in beni materiali 4.0 ha evidenziato significativi cambiamenti.

Nel 2020, le aziende beneficiarie erano prevalentemente di medie e grandi dimensioni, che hanno maturato oltre il 70% del credito totale. Tuttavia, questa percentuale è progressivamente diminuita negli anni successivi, scendendo al 35% nel 2021 e al 28% nel 2022, con un calo particolarmente marcato per le grandi imprese.

Parallelamente, le piccole imprese hanno incrementato la loro quota di crediti, raggiungendo oltre un terzo del totale sia nel 2021 che nel 2022. Anche le micro imprese hanno registrato una crescita significativa, passando dal 6% nel 2020 a oltre il 26% nel 2022.

Sul piano geografico, dal 2020 al 2022, si è osservato un aumento della quota di crediti destinati alle imprese del Sud, accompagnato da una riduzione della quota relativa al Nord.

Dal punto di vista settoriale, il manifatturiero ha visto una diminuzione della propria quota di crediti, mentre si è registrata una crescita nei settori del commercio, dei servizi e dei trasporti, a conferma di un progressivo allargamento del beneficio a una platea di settori più diversificata.

Nel 2020, le aziende che hanno aderito al Piano Transizione 4.0 si distinguevano per un livello di maturità digitale più elevato: circa il 30% aveva già effettuato investimenti in tecnologie digitali nel periodo 2016-2019. Tuttavia, questa percentuale è diminuita con il passare degli anni, scendendo al 19% nel 2021 e al 15% nel 2022.

Questi dati evidenziano che, nel tempo, l’incentivo è riuscito ad attirare un numero crescente di aziende con una maturità digitale più bassa. Questo ha contribuito a una digitalizzazione più capillare, raggiungendo realtà meno avanzate tecnologicamente. Si stima infatti che tra il 70% e l’85% delle imprese beneficiarie non avesse precedentemente investito in tecnologie digitali avanzate, sottolineando il ruolo del piano nel promuovere l’innovazione anche tra le imprese meno strutturate.

I crediti d’imposta del Piano Transizione 4.0 hanno generato effetti positivi su diversi fronti, favorendo l’aumento degli investimenti, dell’occupazione e dei ricavi aziendali.

Contrariamente al timore di una possibile sostituzione tra capitale e lavoro, gli incentivi hanno contribuito a un incremento occupazionale in quasi tutte le categorie di imprese, dimostrando un impatto equilibrato e inclusivo.

Gli effetti più significativi sono stati rilevati tra le aziende che hanno avviato per prime gli investimenti, mentre per quelle che hanno aderito in una fase successiva, i benefici potrebbero emergere in maniera più marcata nel medio-lungo termine.

Un’analisi più approfondita degli impatti del Piano Transizione 4.0 consente di comprendere meglio la sua efficacia e la capacità di attrarre le imprese, confermandone il valore strategico per promuovere la competitività e l’innovazione del sistema produttivo.

L’utilizzo del credito d’imposta per beni materiali 4.0 ha generato un aumento della forza lavoro, con tassi di crescita annuali compresi tra lo 0,7% e il 3,1%. Tuttavia, questo effetto è risultato meno pronunciato nelle micro imprese che hanno iniziato a investire nel 2021 o 2022 e nelle grandi aziende che hanno avviato investimenti nel 2022.

Grazie alle stime riportate nella tabella e ai dati sui livelli occupazionali precedenti all’adozione del piano, è stato possibile quantificare il numero di nuovi posti di lavoro creati, evidenziando l’importanza del credito d’imposta nel favorire l’espansione delle risorse umane nelle imprese beneficiarie. Questo impatto varia in base alla dimensione aziendale e al momento dell’investimento, ma complessivamente conferma il ruolo positivo dell’incentivo nel sostenere l’occupazione.

Tra il 2020 e il 2022, si stima che siano stati creati circa 40.000 nuovi posti di lavoro nelle imprese beneficiarie del Piano Transizione 4.0. Le piccole e medie imprese hanno registrato l’incremento maggiore in termini assoluti, con circa 18.000 nuovi posti per le piccole e 15.000 per le medie. Le grandi aziende hanno aggiunto circa 5.000 posti, mentre le micro imprese hanno visto un aumento di circa 1.600 posti di lavoro.

Questi dati confermano come l’incentivo abbia avuto un impatto positivo sull’occupazione, con una distribuzione maggiore di nuovi posti nelle imprese di dimensioni più piccole, che hanno beneficiato in modo significativo delle agevolazioni.

L’analisi del Piano Transizione 4.0, condotta tra il 2020 e il 2022, ha rivelato che le aziende che hanno usufruito degli incentivi hanno registrato un significativo aumento nel loro tasso d’investimento.

Gli incrementi sono stati variabili, con un aumento tra 0,4 e 3,7 punti percentuali, a seconda delle dimensioni aziendali.

  • Le grandi e medie imprese hanno registrato un incremento medio del tasso d’investimento tra 0,5 e 0,8 punti percentuali.
  • Le piccole imprese hanno visto un aumento più marcato, pari a 1,8 punti percentuali.
  • Il maggior impatto è stato osservato nelle micro imprese, con incrementi compresi tra 3,3 e 3,7 punti percentuali, a seconda del gruppo di trattamento.

Questi aumenti sono particolarmente significativi se si considera che il tasso medio di investimento prima dell’introduzione degli incentivi era di circa 2%, sottolineando come il Piano abbia stimolato una forte spinta all’investimento, soprattutto nelle imprese di dimensioni più piccole.

Gli incentivi del Piano Transizione 4.0 hanno avuto effetti positivi anche sui ricavi aziendali, con risultati particolarmente significativi per le piccole e micro imprese, che hanno visto un incremento annuo dei ricavi pari all’8%. Le medie imprese hanno registrato un aumento del 6%, mentre le grandi imprese hanno beneficiato di un incremento più contenuto, pari al 2%.

maggiori benefici sono stati osservati tra le aziende che hanno aderito al piano fin dal 2020 (le cosiddette “first adopters”), che hanno mostrato i tassi di crescita più elevati. Questo conferma l’efficacia del piano nel stimolare l’innovazione e la competitività, in particolare tra le imprese più reattive e pronte ad adottare nuove tecnologie.

Per quanto riguarda l’efficienza del credito d’imposta, le grandi aziende che hanno adottato per prime le tecnologie hanno generato circa 25 euro di ricavi per ogni euro di credito d’imposta ricevuto, con un calo di questo valore nelle coorti successive.

Le medie imprese hanno visto un incremento del fatturato compreso tra 4,5 e 7,7 euro per ogni euro di credito, mentre le piccole imprese hanno registrato un aumento tra 2,5 e 4,8 euro per ogni euro ricevuto.

Le micro imprese del 2020 hanno ottenuto un incremento di circa 2,6 euro per ogni euro di credito d’imposta ricevuto.

Questi risultati mostrano che l’efficienza del piano varia a seconda della dimensione dell’impresa, con le grandi imprese che ottengono il maggior ritorno per euro di incentivo, ma anche con le piccole e micro imprese che registrano effetti positivi, seppur in misura inferiore.

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