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Sanatoria R&S, cosa considerare in vista della proroga al 30 giugno

Secondo il D.L. Anticipi 145/23 l’invio del modello potrà avvenire entro la metà del 2024.

La nuova proroga sul “riversamento spontaneo” del credito d’imposta ricerca e sviluppo previsto dall’articolo 5, commi 7-12, del D.L. 146/2021 concede più tempo alle imprese per le scelte, ma non risolve tutti i problemi.

Le nuove scadenze prevedono che l’invio telematico del modello avvenga entro il 30 giugno 2024 e il corrispondente versamento entro il 16 dicembre 2024, in unica soluzione o nella prima di tre rate annuali, con le ultime due da incrementare degli interessi calcolati al tasso legale.

Gli elementi da valutare

Il pressing degli uffici locali è stato in questo periodo particolarmente significativo nei confronti delle imprese che hanno indicato il credito d’imposta nei modelli dichiarativi relativi ai periodi d’imposta 2015-2019. L’esito dei contraddittori (già tenuti o ancora in corso) è sicuramente una delle tante variabili da considerare al fine di assumere una scelta ponderata che si presenta abbastanza complessa. Tra gli altri elementi da valutare ricordiamo:

  • l’eventuale presenza di un’attività di verifica già iniziata, di un Pvc già emesso o di un atto di recupero già notificato;
  • l’esito della «due diligence tecnica» a cui sarebbe opportuno sottoporre i progetti realizzati e la relativa documentazione;
  • il superamento o meno della soglia penale ex articolo 10-quater del Dlgs 74/2000 (che si computa con riferimento all’utilizzo annuo del credito e non a quello indicato nel modello dichiarativo);
  • la presenza più o meno significativa dei cosiddetti «indicatori di rischio» delle Entrate (media pari a zero, incidenza elevata del costo del personale addetto alla R&S sul totale dei costi rendicontati nel progetto, o rispetto al totale del costo personale indicato in bilancio, eccetera);
  • il sostenimento di costi di R&S anche in periodi d’imposta successivi a quelli potenzialmente sanabili, per progetti riconducibili o simili a quelli dei periodi che possono essere oggetto di riversamento;
  • la presenza di compensazioni intervenute dopo il 22 ottobre 2021 (in quanto non rientranti nella “sanatoria” ma, eventualmente, nel ravvedimento operoso – si veda Il Sole 24 Ore del 19 settembre e 10 ottobre 2022);
  • la «propensione» al contenzioso dell’impresa interessata, anche alla luce di elementi collaterali da tenere sempre presenti (rimborsi Iva, partecipazione agli appalti pubblici, ecc).

Naturalmente, può essere di aiuto nelle valutazioni anche l’esame delle massime giurisprudenziali della distinzione tra crediti d’imposta inesistenti o non spettanti, nonché delle relative conseguenze ai fini accertativi. Infatti, oggi le imprese sanno che aderire al riversamento consente di evitare, oltre agli interessi, anche le sanzioni, che gli uffici applicano (negli atti di recupero) immancabilmente al 100%, ma che ben potrebbero essere ricondotti al più mite 30% dalla giurisprudenza o dalla prossima riforma in attuazione della legge delega 111/2023.

Contraddittori e soluzioni

Le tante variabili in gioco (alcune delle quali di difficile “gestione” anche per il consulente fiscale dell’impresa) stanno influenzando anche i contraddittori con gli uffici, che (mai come in questo caso) vanno preparati con cura, possibilmente dopo aver completato quella attività di “due diligence tecnica” a cui si è già accennato. Invece di pensare immediatamente a posizioni estreme (correre a riversare l’intero importo al primo questionario ricevuto o evitare il confronto con l’ufficio puntando al solo contenzioso), si impone una valutazione ponderata di tutte gli elementi caratterizzanti il singolo caso concreto, che potrebbe anche portare a trovare un accordo con gli uffici per un riversamento parziale condiviso.

Come è facile immaginare, non esiste una “ricetta” valida per tutte le situazioni, e a complicare ancora di più il quadro c’è l’imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Dpcm sulla certificazione della qualificazione degli investimenti, secondo l’articolo 23, comma 2, del Dl 73/2022. La procedura – che elimina sul nascere qualsiasi contestazione possibile da parte delle Entrate sulla sussistenza dei requisiti “tecnici” per l’ammissibilità al credito d’imposta – potrebbe presentare tempistiche applicative poco compatibili con le nuove scadenze per il riversamento. Senza dimenticare che:

  • se è vero che il decreto proroga di un anno il termine di decadenza per gli atti di recupero sui crediti utilizzati nel 2016 e nel 2017, non è detto che gli uffici se ne avvalgano (potremmo assistere a comportamenti non uniformi sul territorio);
  • se gli uffici, nel frattempo, redigeranno e consegneranno comunque i processi verbali di constatazione (Pvc), impediranno ai destinatari di accedere alla certificazione per le annualità interessate. 

(fonte: Il Sole 24 Ore)

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