Moratorie per le PMI: crolla di oltre 40 miliardi il valore delle sospensioni

Il giro di boa del 30 giugno ha fatto effetto. La scadenza era relativa alle moratorie per le imprese, ovvero la possibilità accordata durante l’emergenza Covid e prolungata nei mesi seguenti, di rinviare il pagamento delle rate di mutui e finanziamenti per alleggerire la situazione finanziaria delle imprese italiane. E se fino a prima di giugno il valore complessivo delle moratorie delle PMI era abbondantemente superiore ai 100 miliardi di euro, dopo il 30 giugno, il valore è sceso fino a 64 miliardi.

La quota riguarda gli importi oggetto della sospensione e non si tratta di un effetto inatteso: vari decreti intercorsi (il decreto liquidità e il decreto Sostegni bis), infatti, avevano prorogato le moratorie fino alla fine di giugno (sull’intera rata) poi fino alla fine dell’anno, ma soltanto sulla quota interessi e non più sulla quota capitale. La quota interessi, insomma, andava in ogni caso restituita a partire dal 30 giugno, seguendo il piano di ammortamento stabilito.

E questo avrebbe comportato per molte aziende dei rischi, primo fra tutti quello di vedersi riclassificare il credito. Ecco quindi che molte aziende hanno preferito chiudere la questione moratorie e riprendere regolarmente il piano di ammortamento del loro finanziamento sia sulla quota capitale che sulla quota interesse.

Non solo. Il momento e l’occasione si sono rivelati propizi per un’altra rinegoziazione, questa volta migliorativa e positiva: quella degli estremi del finanziamento, che in molti casi gli istituti di credito hanno messo in atto, suggerendo alle imprese stesse di riprendere regolarmente i rimborsi su piani di ammortamento nuovi e riclassificati, con allungamenti della durata e riduzione delle rate, per far fronte alle nuove necessità delle imprese.

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