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La CSRD e il suo impatto sulle imprese italiane

A partire dal 2025 una normativa europea, conosciuta come Corporate Sustainability Reporting Directive, obbligherà circa 8000 aziende a elaborare report di sostenibilità.

La CSRD è una direttiva dell’Unione europea mirata a migliorare la qualità, la coerenza e la comparabilità delle informazioni sulla sostenibilità fornite dalle imprese.

Uno studio denominato “L’Impatto della CSRD sulle Imprese Italiane” è stato condotto dal Gruppo di Ricerca “PMI e Sviluppo Sostenibile” del GBS (Gruppo Bilanci e Sostenibilità) in collaborazione con il CNDCEC (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili). Questo studio sarà presentato durante il Congresso Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili a Torino.

Nel dettaglio, la Direttiva sul reporting di sostenibilità aziendale (CSRD) renderà obbligatoria la redazione dei report di sostenibilità a partire dall’anno successivo per le aziende di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti in media.

Dal 2025, questa responsabilità si estenderà alle altre imprese di grandi dimensioni o a quelle che superano almeno due dei tre criteri stabiliti dalla normativa, ovvero 250 dipendenti in media, 20 milioni di euro di attivo e 40 milioni di euro di fatturato.

A partire dal 2026, le PMI europee quotate saranno tenute a conformarsi alla CSRD, e nel 2028 questa disposizione si applicherà anche alle filiali delle imprese extracomunitarie soggette alla CSRD.

In Italia, tra le società di capitali, un totale di 7.833 aziende soddisfa almeno due dei tre criteri stabiliti dalla CSRD, rappresentando un notevole aumento rispetto alle 235 società che attualmente presentano report di sostenibilità su un campione di 1.998 aziende che redigono il bilancio di sostenibilità.

La maggioranza di queste imprese (circa il 60%) si trova nel Nord Italia, con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che registrano il numero più elevato di aziende coinvolte. Il settore manifatturiero rappresenta quasi il 35% delle aziende interessate, seguito dal commercio (21%), mentre le industrie tessili, editoriali ed estrattive saranno coinvolte solo marginalmente.

(fonte: mymatrix)

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