Incentivi per le imprese: le novità in arrivo

Tra annunci ufficiali e rinvii, coperture da definire e attuazione futura incerta, le imprese si trovano ora ad affrontare una serie di incertezze significative.

La legge di bilancio, il decreto anticipi ad essa collegato, il Ddl di riordino generale delle agevolazioni, il decreto legislativo sulla fiscalità internazionale, la trattativa con la commissione europea sul RepowerEu e quella sulla proroga del Temporary framework per gli aiuti di Stato stanno attualmente creando un intricato labirinto di provvedimenti e scadenze che sta influenzando profondamente il sistema degli incentivi per il sistema produttivo.

Nel quadro di questa manovra, si sta proponendo una maxi-deduzione per le nuove assunzioni, mentre al momento sembra essere stata messa da parte la prospettata mini Ires per gli investimenti qualificati, come ad esempio quelli legati all’innovazione. Questa decisione è stata influenzata dal timore che si potesse creare un’interferenza complessa con il disegno di legge delega in discussione al Parlamento, che condurrà a una riorganizzazione, in alcuni casi all’eliminazione, di alcune delle attuali misure di incentivo una volta emanati i relativi decreti attuativi. Inizialmente, infatti, si era ipotizzato che i contribuenti beneficiari della riduzione dell’Ires avrebbero dovuto rinunciare ad altri incentivi, ma questa opzione è attualmente impossibile da attuare, poiché non è ancora noto il quadro completo delle agevolazioni che rimarranno disponibili dopo il completamento della delega sul riordino del settore. In sintesi, questo sovraccarico normativo ha portato alla sospensione temporanea del progetto mini Ires da un lato e ha sollevato notevoli interrogativi sulla continuità delle misure attualmente in vigore, in particolare per quanto riguarda quelle gestite dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit).

La delega per il riordino, coordinata dal Mimit, ha superato l’esame del Senato, con alcune modifiche, e successivamente è stata approvata senza correzioni dalla commissione Attività produttive della Camera il mercoledì 18. La prossima settimana, dovrebbe ottenere il via libera dell’Aula di Montecitorio e diventare legge. Successivamente, inizierà la fase di elaborazione dei decreti legislativi, che si prospetta complessa e piena di incertezze.

Al Senato, ad esempio, su richiesta delle Regioni, sono state introdotte alcune limitazioni rispetto alla prima versione della delega, che sembrava aprire la strada a un riordino generale che coinvolgesse anche gli incentivi regionali, oltre a quelli nazionali gestiti dal Mimit. Tuttavia, il perimetro effettivo del riordino potrebbe ancora presentare alcune ambiguità, anche nella versione finale del testo.

Inoltre, c’è il tema degli incentivi di natura fiscale, inizialmente non inclusi nella delega, ma successivamente integrati su iniziativa del sottosegretario del Mimit, Massimo Bitonci. Questa modifica è stata fatta per includere sotto l’ombrello della delega anche i crediti d’imposta del piano Transizione 4.0. In merito a questo, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente sottolineato l’importanza di limitare l’uso di agevolazioni automatiche, proponendo invece un obbligo di presentazione di una richiesta preventiva per ottenere i crediti d’imposta.

Nel 2020-2021, le imprese hanno richiesto un totale di 120.000 crediti d’imposta attraverso il piano “Transizione 4.0” per un ammontare complessivo di 6,7 miliardi di euro (i dati del 2022 sono ancora in attesa di essere pubblicati). Attualmente, il Mimit sta pianificando di cambiare il nome del piano, rinominandolo “Industria 5.0” con l’intenzione di riorientare gli obiettivi verso una prospettiva più ecologica. Tuttavia, esiste una significativa incertezza legata alle trattative in corso con Bruxelles per il programma “RepowerEu“, che si stanno prolungando oltre le previsioni iniziali.

Il governo ha l’obiettivo di finanziare questo nuovo capitolo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) con 4 miliardi di euro per i crediti d’imposta “5.0” e 1,5 miliardi di euro per un ulteriore credito d’imposta, da integrare nel piano, destinato all’autoconsumo di energia proveniente da fonti rinnovabili nei processi produttivi. Tuttavia, l’attuale stallo delle trattative potrebbe comportare il rischio che non si riesca a intervenire entro la fine dell’anno. Potrebbe quindi essere necessario considerare un’approvazione con risorse ridotte, e in tal caso il piano potrebbe avere una durata limitata di un solo anno anziché essere esteso fino al 2025, come inizialmente previsto (con una possibile coda fino a giugno 2026 per le consegne).

In altre parole, le imprese si trovano ad affrontare una decisione complessa, dovendo valutare se beneficiare delle agevolazioni attualmente in vigore o se rinviare gli investimenti nella speranza che il piano “5.0” offra aliquote più vantaggiose.

Le aziende che stanno valutando se investire immediatamente o aspettare possono anche trovare un dilemma simile quando si tratta dei finanziamenti agevolati per l’acquisto o il leasing di beni strumentali previsti dalla misura “Nuova Sabatini”. Il decreto anticipi ha allocato 50 milioni di euro per le domande presentate entro la fine del 2023, consentendo alle imprese di ricevere il finanziamento in un’unica tranche. Questo finanziamento si riferisce alla versione di base dell’agevolazione, che sarà ulteriormente finanziata dalla legge di bilancio per il 2024 (per un importo che al momento non è stato specificato).

Tuttavia, il finanziamento di 320 milioni di euro per la “Nuova Sabatini” green, la versione che offre un contributo statale maggiore per gli investimenti legati alla transizione ecologica, è legato alla trattativa in corso con Bruxelles per il programma “RepowerEu”. La disponibilità effettiva di risorse per il 2024 potrebbe quindi essere un fattore importante da considerare nella pianificazione di investimenti ordinari o orientati verso obiettivi ecologici.

Le imprese dovranno ponderare attentamente le opzioni a loro disposizione, considerando la disponibilità di finanziamenti, i tempi previsti per l’erogazione dei fondi e le loro esigenze specifiche prima di prendere una decisione sull’investimento.

L’introduzione di un’unica Zona economica speciale (ZES) al posto delle otto esistenti rappresenta una delle principali novità nell’ambito delle politiche per il Mezzogiorno del governo Meloni. Questo segna un cambiamento significativo rispetto all’era in cui l’Ires (Imposta sul Reddito delle Società) veniva dimezzata per chi investiva nelle ZES.

Tuttavia, il quadro delle risorse per il credito d’imposta per le spese in beni strumentali non è ancora completamente chiaro. Secondo la nota sintetica finora diffusa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) sulla legge di bilancio, il finanziamento triennale per questo credito d’imposta non sembra ancora essere garantito, e si parla di una copertura di 1,8 miliardi di euro solo per il 2024.

Inoltre, c’è incertezza riguardo al valore minimo degli investimenti agevolabili, che è stato fissato a 200.000 euro nella versione approvata dal governo. Tuttavia, in commissione Bilancio alla Camera, sono stati presentati emendamenti bipartisan per abbassare il tetto a 100.000 euro o almeno differenziarlo, riducendolo a 60.000 euro per le piccole e medie imprese (PMI) e a 30.000 euro per le microimprese. Questo emendamento sembra essere motivato dall’esperienza delle otto ZES precedenti, in cui il credito d’imposta è stato utilizzato principalmente dalle imprese di dimensioni più ridotte, rappresentando il 70% degli utilizzatori.

Se la soglia venisse abbassata, ciò potrebbe ampliare notevolmente il numero di potenziali beneficiari del credito d’imposta, con possibili impatti sul fabbisogno finanziario stimato di 1,8 miliardi di euro. La situazione è quindi ancora in evoluzione e sarà interessante vedere come si sviluppa il dibattito parlamentare e quali decisioni verranno prese riguardo a questi aspetti chiave delle politiche di incentivo alle imprese.

La decontribuzione sulle assunzioni destinata al Mezzogiorno è attualmente oggetto di incertezza. Sebbene teoricamente l’agevolazione sia prevista fino al 2029 con intensità decrescenti, richiede un passaggio formale con la Commissione europea ogni anno. Attualmente, è collegata al Quadro temporaneo europeo sugli aiuti di Stato e verrà automaticamente prorogata nella sua versione attuale solo se il Quadro temporaneo viene esteso oltre il 31 dicembre 2023.

Il Ministro per gli Affari Europei, il Sud, la coesione e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha spiegato in un’audizione alla Camera che al momento si sta negoziando con la Commissione europea per decidere come procedere riguardo al Temporary framework. Se il Temporary framework verrà prorogato per il 2024, allora si potrà utilizzare lo stesso meccanismo legislativo precedentemente concordato e notificato alla Commissione. In caso contrario, nei prossimi mesi sarà necessario negoziare una misura che sia compatibile con le diverse previsioni che devono essere condivise.

In breve, l’evoluzione della decontribuzione sulle assunzioni dipenderà dalle decisioni della Commissione europea riguardo al Temporary framework e dalle trattative in corso per adattare l’agevolazione alle condizioni in evoluzione.

Gli incentivi per il rientro delle attività economiche in Italia, noti come reshoring e inseriti nel decreto legislativo sulla fiscalità internazionale, sono soggetti a diverse condizioni. Le imprese o le associazioni di professionisti che desiderano beneficiare di questi incentivi devono tenere presente alcune restrizioni.

Il dimezzamento dell’imponibile Ires (Imposta sul Reddito delle Società) o Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), a seconda dei casi, e dell’Irap (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) si applica solo se l’attività era stata precedentemente delocalizzata al di fuori dell’Unione Europea o dei paesi dello Spazio economico europeo per almeno due anni. Questo requisito è stato introdotto per evitare che siano beneficiate del reshoring le aziende che effettuano delocalizzazioni puramente tattiche, ovvero a breve termine, con l’obiettivo di rientrare rapidamente e ottenere agevolazioni fiscali.

Inoltre, è importante notare che le disposizioni relative al reshoring differiscono da quelle già in vigore per le grandi imprese, che prevedono un obbligo di mantenimento dell’investimento incentivato per almeno 10 anni, pena la revoca dell’agevolazione. Nel caso del reshoring, l’obbligo di non delocalizzare nuovamente dura per cinque anni.

Tuttavia, è fondamentale sottolineare che l’intero quadro normativo è subordinato all’autorizzazione della Commissione europea. Ciò significa che prima che gli incentivi possano essere pienamente attuati, è necessario ottenere l’approvazione e la conformità con le regole europee.

La legge di bilancio di quest’anno sembra essere caratterizzata da un approccio di rigore e una certa restrizione verso i ministeri che hanno presentato richieste di spesa. Tra questi, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) sembra essere in cima alla lista con le sue richieste di agevolazioni per la politica industriale.

Al di là delle iniziative come la “Nuova Sabatini” nella sua versione base e i contratti di sviluppo, che sono stati finanziati con 300 milioni di euro in totale, sembra che alcune richieste di rifinanziamento considerate prioritarie dal Mimit non abbiano ancora ottenuto copertura. Ad esempio, i progetti Ipcei (progetti sulla ricerca di comune interesse europeo) avevano bisogno di 750 milioni di euro solo per il primo anno, ma finora non ci sono segnali di rifinanziamento. Inoltre, sembra che non siano stati previsti finanziamenti per gli incentivi all’imprenditoria femminile, mentre la manovra ha introdotto la decontribuzione per le lavoratrici con tre o più figli.

Alcune altre aree come la space economy, le telecomunicazioni, l’automotive, la microelettronica, le fiere, le aree di crisi industriali e le startup che investono in proprietà industriale sembrano essere state escluse dal pacchetto di finanziamenti, almeno per ora.

Questo indica una particolare attenzione alla razionalizzazione delle spese e alla priorità data a determinate aree di intervento nella legge di bilancio, con alcune iniziative che potrebbero rimanere in sospeso o essere oggetto di ulteriori negoziati e approvazioni in futuro.

(fonte: Il Sole 24 Ore)

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