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Fondo nazionale per la microelettronica: ci sono 3,3 miliardi a disposizione

Un decreto del Presidente del Consiglio relativo alle risorse e un decreto interministeriale per istituire una Fondazione, che diventerà il punto di riferimento per la ricerca nel settore, segnano una fase avanzata nel programma di sviluppo della microelettronica in Italia, in linea con il Chips Act europeo.

Il DPCM, composto da tre articoli su proposta del Ministro delle Imprese e del Made in Italy in collaborazione con il Ministro dell’Economia, il Ministro dell’Università e Ricerca e il Sottosegretario a Palazzo Chigi per l’Innovazione, stabilisce l’allocazione dei 3,3 miliardi di euro ancora disponibili dal Fondo nazionale per la microelettronica, creato circa un anno e mezzo fa dal governo Draghi (inizialmente previsti 4,15 miliardi). Queste risorse saranno utilizzate per agevolare le imprese attraverso il meccanismo dei contratti di sviluppo. La ripartizione annuale prevede 50 milioni per il 2022, seguiti da 487 milioni per il 2023, 456 milioni per il 2024, 336 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2027, 341 milioni per il 2028 e 475 milioni sia per il 2029 che per il 2030.

Queste risorse sono destinate a sostenere l’apertura di nuovi stabilimenti o la riconversione di siti industriali esistenti per sviluppare la tecnologia nella filiera dei semiconduttori. Questo sforzo è in linea con il piano più ampio dell’Unione Europea per ridurre la dipendenza strategica in settori ad alto fabbisogno di chips, come l’automotive, le energie rinnovabili, la difesa, le telecomunicazioni e ora anche l’intelligenza artificiale. I contratti di sviluppo, secondo gli obiettivi stabiliti, dovrebbero anche attrarre investimenti esteri e possono riguardare varie fasi della produzione, compresa la progettazione, la fabbricazione, l’assemblaggio e il packaging. Questo schema sembrerebbe essere in sintonia con il progetto di investimento diretto di Intel per uno stabilimento in Italia focalizzato sull'”advanced packaging,” ma le trattative con il governo sono ancora in sospeso.

L’articolo 2 del DPCM specifica che i termini per la presentazione delle domande di accesso alle risorse saranno stabiliti in un successivo provvedimento della Direzione Incentivi del Ministero delle Imprese. L’articolo 3 prevede la costituzione di un Comitato tecnico interministeriale incaricato di coordinare e monitorare gli interventi agevolati. Il Fondo è stato istituito con il Decreto 17 del 2022, con un totale di 4 miliardi e 150 milioni di euro destinati fino al 2030. Parte di queste risorse è stata utilizzata per finanziare l’Ipcei sulla microelettronica, un progetto di ricerca di interesse comune europeo, e per istituire un credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo sui semiconduttori con il Decreto Asset.

Ulteriori 185 milioni di euro (10 milioni per il 2023 e 25 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2030) sono stati assegnati alla Fondazione Centro Italiano per il Design dei Circuiti Integrati a Semiconduttore, nota come Fondazione Chips IT, che avrà sede legale e operativa a Pavia e sarà regolata da uno statuto approvato con un decreto interministeriale del 19 luglio.

La presentazione ufficiale della Fondazione è prevista per il 3 novembre presso l’Aula Magna dell’Università di Pavia, con la presenza dei Ministri dell’Università e della Ricerca, delle Imprese e del Made in Italy, e dell’Economia. La scelta di una singola sede, Pavia, è mirata a evitare dispersione di risorse ed è favorita dalla presenza del dottorato nazionale in micro e nano elettronica, oltre a una tradizione di ricerca nel settore. In parallelo, si sta considerando l’uso del partenariato europeo “Chips Joint Undertaking” per finanziare l’attività di ricerca a Catania, dove opera la multinazionale italo-francese dei semiconduttori STMicroelectronics. Nel Decreto Legge Asset, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha stanziato 30 milioni di euro per sostenere i progetti dei ricercatori nell’accesso ai finanziamenti del Chips Act europeo. Allo stesso tempo, i quattro ministri competenti hanno chiesto alla Commissione Europea di ospitare a Catania una linea pilota, il cui valore finale dovrebbe ammontare a 240 milioni di finanziamento pubblico, di cui metà proviene dall’Unione Europea.

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