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ApprofondisciAl ribasso la crescita del Pil. Secondo il Rapporto di previsione del Centro studi di Confindustria, il Pil per il 2023 sarà a +0,7%, una quota già interamente acquisita a metà anno, con il terzo e quarto trimestre dell’anno sostanzialmente fermi. Nel 2024 in media andrà peggio, con il Pil a +0,5%, un trend più che dimezzato rispetto al +1,2% stimato a marzo.
“L’economia italiana torna alla bassa crescita?”, è la domanda che si pone il Rapporto nel titolo. E analizza tutti i fattori che stanno portando a questo andamento del Pil, dovuto principalmente all’aumento dei tassi di interesse e all’inflazione, che, secondo il Csc, a fine anno sarà al 2%, raggiungendo il target della Bce, oltre ad una dinamica negativa per quest’anno del commercio mondiale.
La bassa crescita è trainata quasi interamente dai consumi delle famiglie, l’occupazione tiene, mentre gli investimenti frenano bruscamente quest’anno con un preoccupante calo e si fermeranno nel prossimo. Anche gli investimenti pubblici sono attesi in calo nel 2023 e in lieve ripresa nel 2024, con lo stimolo del Pnrr che sarà ridotto per il posticipo degli interventi.
La produzione industriale è attesa in diminuzione del -2,3% quest’anno per poi rimbalzare molto parzialmente, +0,8%, nel 2024. A soffrire di più sono i settori energy intensive, che sono sotto i livelli del 2019.
Il dato preoccupante riguarda gli investimenti: +0,5% nel 2023, al di sotto dell’acquisito del secondo trimestre (+0,8%), nel 2024 ci sarà un peggioramento, -0,1% (nel 2022 crescevano del 9,7%). Si profila un ulteriore calo nel breve, si è affievolito l’indice di fiducia.
Un focus particolare il Centro studi lo dedica al tema della produttività e del costo del lavoro: il costo del lavoro per unità di prodotto nel manifatturiero è cresciuto nel 2022 del +4,8%, più che nelle altre economie europee (+3,7% nell’industria tedesca, +2,5% nell’area euro). A fronte di una dinamica più contenuta per ora lavorata (+2,9% contro il 4,2 in Germania e 3,9% medio nell’area euro), la competitività dell’industria italiana è stata penalizzata da un ampio calo della produttività, -1,8 per cento. Nel biennio 2023-2024 il rafforzamento della dinamica salariale che sta avvenendo per effetto del meccanismo di aggiustamento delle retribuzioni annuali spingerà al rialzo il Clup (costo del lavoro per unità prodotta) del manifatturiero.
Altro elemento di criticità è il credito: i prestiti bancari hanno segnato -6,2% annuo ad agosto, la liquidità si è assottigliata, -5,6% annuo ad agosto.
In questo scenario ci sono rischi e variabili: in negativo il conflitto in Medio Oriente; di contro, il calo dei prezzi al consumo potrebbe accelerare la discesa dei tassi. Ma, se la Fed dovesse alzare, ciò avrebbe un impatto restrittivo anche in Europa. Da monitorare l’attuazione del Pnrr: lo scenario previsto ritiene in modo prudenziale che, nel biennio 2023-2024, le risorse programmate nel Def saranno utilizzate solo parzialmente. Ulteriore rischio la dinamica dell’economia cinese: un punto in meno di crescita rispetto agli obiettivi del governo, +5% e +4,5%, e preso a riferimento ridurrebbe di circa due decimi il pil mondiale.
(fonte: Il Sole 24 Ore)
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