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Nel disegno di legge di Bilancio 2026, vengono cambiate radicalmente le regole del gioco per le imprese che investono in tecnologia e innovazione. Addio al credito d’imposta, spazio a una nuova formula basata sul maxi-ammortamento, con vantaggi deducibili nel tempo. Tuttavia, restano alcuni nodi tecnici che dovranno essere risolti in sede parlamentare.
Il nuovo schema di incentivi per la Transizione 5.0, come delineato nel disegno di legge di Bilancio 2026, prevede che l’avvio effettivo delle agevolazioni sia subordinato all’adozione di un decreto attuativo, da emanare congiuntamente dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), previa consultazione del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Secondo quanto previsto, questo provvedimento attuativo dovrebbe essere approvato entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, quindi orientativamente entro la fine di gennaio. Tuttavia, questa finestra temporale lascia un periodo di incertezza iniziale per le imprese che intendono pianificare investimenti già nei primi giorni dell’anno, in quanto l’agevolazione non risulterebbe immediatamente accessibile fino alla pubblicazione ufficiale delle regole operative.
A questa situazione si aggiunge un altro elemento critico: la durata limitata della misura, prevista attualmente per un solo anno solare, con una proroga di sei mesi esclusivamente per le imprese che entro il 31 dicembre 2026 abbiano versato un acconto pari almeno al 20% del valore del bene. Questa scadenza ravvicinata ha sollevato perplessità da parte di molte associazioni di categoria, che auspicavano una pianificazione pluriennale per favorire un’adozione più solida e meno affrettata della misura.
Per evitare il rischio di ritardi o disallineamenti tra le norme e l’operatività della misura, il MIMIT sta valutando la possibilità di introdurre già all’interno della legge le specifiche tecniche necessarie per l’accesso al beneficio. In questo modo, si potrebbe anticipare l’avvio della misura già da fine gennaio 2026, a condizione che vengano risolti anche i necessari adeguamenti tecnici della piattaforma digitale che gestirà le comunicazioni e le certificazioni previste per l’accesso.
Ad oggi, il piano, con una dotazione prevista di 4 miliardi di euro, copre gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2026 con una proroga fino a giugno 2027 per le consegne con acconto del 20%. È allo studio un possibile allungamento a tre anni o almeno fino a settembre 2027. L’opzione minima allo studio è invece un’estensione di tre mesi – fino al 30 settembre 2027 – del termine per la consegna dei beni.
La lista dei beni agevolabili verrà aggiornata per includere anche soluzioni di intelligenza artificiale, cybersecurity e software gestionali, andando oltre i beni indicati nei vecchi allegati dell’Industria 4.0 (risalente al 2017). L’obiettivo è modernizzare l’elenco per riflettere le esigenze delle imprese oggi. La L’associazione di settore (Assosoftware) ha presentato richiesta per ammetterli come beni agevolabili in modo svincolato da un loro utilizzo funzionale al raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica, che fanno accedere alla fascia più alta dei maxi-ammortamenti.
Si lavora per alleggerire il carico burocratico. Resta l’obbligo di invio delle comunicazioni tramite piattaforma GSE, ma il processo sarà reso più fluido, con modelli semplificati e minor documentazione da caricare. Si prevede anche che le imprese non debbano più dimostrare l’ottenimento della riduzione dei consumi energetici come è richiesto nell’attuale piano 5.0.
Il maxi-ammortamento diluisce l’effetto fiscale su più anni, limitando l’impatto immediato sul bilancio dello Stato rispetto ai crediti d’imposta. Questo lo rende più sostenibile per le finanze pubbliche e più facilmente rifinanziabile in futuro, infatti l’impatto sulle finanze statati in termini di cassa sarebbe nullo sul 2026 e si presenterebbe in modo graduale via via fino al 2034 (540,7 milioni nel 2027, 1 miliardo nel 2028, 860 milioni nel 2029 fino a calare dal 2030 in poi).
Il governo prevede che questa nuova versione della Transizione 5.0 generi investimenti per oltre 16 miliardi di euro. In particolare, rispetto ai dati del 2023 del piano Transizione 4.0 gli investimenti in beni immateriali dovrebbero aumentare di 2,5 volte, arrivando quindi a 925 milioni. Le spese in beni materiali dovrebbero invece aumentare del 25%, raggiungendo quota 15 miliardi.
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