Il Patent Box

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1.Cos'è il Patent Box e come funziona

Il Patent Box è in estrema sintesi un’agevolazione sui beni immateriali che lo Stato concede alle imprese per incentivarne la loro creazione. Ma quello che in questa sintesi sembra apparire molto semplice da applicare, nasconde in realtà un meccanismo piuttosto complesso, che, tuttavia, rappresenta una ghiotta opportunità per il mondo dell’impresa, a maggior ragione in una fase storica in cui la ricerca e lo sviluppo sono alla base della competitività delle imprese.

Tecnicamente il Patent Box rappresenta un “regime opzionale” che permette di maggiorare il valore di una serie di spese sostenute dall’impresa e inerenti software coperti da copyright, disegni e modelli, brevetti industriali a patto che questi elementi siano alla base dell’attività d’impresa, sia in forma diretta che in forma indiretta.

Il Patent Box può essere fatto valere al fine delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. Proprio per le sue peculiarità, l’opzione del Patent Box può essere esercitata unicamente da soggetti, titolari del reddito d’impresa, che abbiano pieno diritto allo sfruttamento economico dei beni immateriali in precedenza citati. Sono tuttavia escluse le imprese che determinano il reddito imponibile su base catastale o con la formula forfettaria. Non solo. Non è concesso esercitare questa opzione alle imprese:

  • in liquidazione volontaria;
  • in stato di fallimento;
  • in liquidazione coatta amministrativa;
  • in stato di concordato preventivo senza continuità aziendale o caratterizzate;
  • da altre procedure concorsuali o leggi speciali.

Importante sottolineare che una linea comune di questa agevolazione è l’obbligo per le imprese che intendono avvalersene di svolgere attività di ricerca e sviluppo.

Un’azione che non per forza deve essere svolta direttamente dall’impresa, ma che può avvenire anche in forma indiretta, nel caso, ad esempio di contratti specifici fra l’impresa stessa e società di ricerca, oppure con atenei universitari, oppure ancora con enti deputati alla ricerca, purché queste attività svolte in forma indiretta siano sempre indirizzate alla creazione e allo sviluppo di beni legati all’attività dell’impresa commissionante.

L’agevolazione viene richiesta in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, relativamente al periodo d’imposta nel quale si intende esercitarla e avrà validità di 5 anni, pur essendo rinnovabile.

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2.Entità e caratteristiche del Patent Box

La disciplina del Patent Box è stata soggetta, anche per via della strategicità di questa agevolazione, a numerose modifiche nel corso degli anni, dal momento in cui è stata introdotta nel “mercato” delle agevolazioni pubbliche rivolte alle imprese. Lo stato attuale di questa agevolazione, quindi, appare parecchio differente dalla sua origine. In ogni caso, attualmente, l’accesso di un’impresa al Patent Box permette di maggiorare del 110 per cento le spese sostenute nelle attività di ricerca e sviluppo “finalizzate al mantenimento, al potenziamento, alla tutela e all’accrescimento del valore dei software protetti da copyright, dei brevetti industriali e dei disegni e modelli giuridicamente tutelati”. (Fonte: MISE).

Il Ministero per lo sviluppo economico, titolare di questa agevolazione, ha specificato, a beneficio di tutte le imprese, anche le attività che possono essere valorizzate ai fini del Patent Box. È necessario che siano attività:

  • che ricadono nell’ambito della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale (articolo 2 del decreto Mise 26 maggio 2020);
  • devono essere considerate attività di innovazione tecnologica (articolo 3 del decreto Mise 26 maggio 2020);
  • devono poter essere classificare come “design e ideazione estetica” (articolo 4 del decreto Mise 26 maggio 2020);
  • devono essere attività di tutela legale dei diritti sui beni immateriali.

Non è necessario che le precedenti condizioni si verifichino contemporaneamente, ma se un’impresa intende accedere al Patent Box e – pilastro dell’agevolazione – svolge attività di ricerca e sviluppo, deve verificarsi almeno una delle precedenti fattispecie.

In estrema sintesi, quindi, quando un’impresa ha le carte in regola per accedere a questa agevolazione, può ottenere la maggiorazione del valore dei beni immateriali impiegati o acquisiti in percentuale del 110 per cento del valore reale.

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3. Quali sono le spese ammissibili

Ricordiamo innanzitutto per le “spese ammissibili” si intendono quelle spese che concorrono a comporre il totale dell’investimento dell’impresa e rientrano nella rosa delle spese considerate funzionali al progetto secondo gli estremi dell’agevolazione.

È da specificare che ci possono essere anche ulteriori spese che concorrono al progetto, ma non per forza ogni voce rientra in quelle ritenute ammissibili dallo Stato. Utile specificare che le spese devono essere sostenute direttamente dall’impresa che intende avvalersi dell’agevolazione e accedere al Patent Box, in quanto altre spese, sebbene legate al progetto, sostenute da società terze (anche controllanti o controllate dall’impresa) non sono ritenute ammissibili. È, quindi, sempre l’impresa titolare che deve dimostrare di avere sostenuto le spese legate al progetto, fra le quali possono rientrare, come accennato in precedenza, anche incarichi conferiti a entità o enti di ricerca.

Fatta questa importante specifica, possono concorrere a comporre il valore del progetto:

  • le spese sostenute dall’impresa per il personale (sia in rapporto di lavoro subordinato, che in rapporto di lavoro autonomo o “atipico”) che viene direttamente coinvolto e impiegato in attività rilevanti per il progetto di ricerca e sviluppo;
  • le quote di ammortamento, i canoni di locazione e altre spese sostenute per beni strumentali (anche immateriali) necessari alle attività di ricerca e sviluppo;
  • i canoni di locazione finanziaria (limitatamente alla quota capitale).

Non solo. Nel novero delle spese che concorrono alla definizione del progetto, ci sono anche le consulenze relative al progetto stesso e quelli che vengono definiti “servizi equivalenti” ovvero, rivolgersi a specifici soggetti per far sviluppare attività rilevanti nell’ambito del progetto di ricerca e sviluppo. Non potevano essere escluse le spese sostenute dall’azienda per i materiali, le forniture e tutto ciò che viene direttamente impiegato nelle attività specifiche del progetto.

Infine, per quanto riguarda i beni immateriali, rappresentano spese ammissibili anche quelle direttamente legate al mantenimento dei loro diritti, al rinnovo di tali diritti una volta giunti in scadenza, alla protezione, alle iniziative di prevenzione dalla potenziale contraffazione, fino a tutto ciò che può accadere per la tutela di tali diritti, quindi anche la gestione da parte dell’azienda di eventuali contenziosi che possono emergere.

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4.Obiettivi del Patent Box

Il meccanismo del Patent Box è stato introdotto dallo Stato italiano come agevolazione rivolta alle imprese che si impegnano nella creazione di beni immateriali tramite lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo.

Il primo obiettivo di questa agevolazione è quindi quello di favorire tali attività, nella convinzione che senza un adeguato percorso basato sulla ricerca e sullo sviluppo la competitività delle imprese dello Stivale possa diminuire, se non essere addirittura abbattuto a fronte di una concorrenza graffiante e spesso “spietata” proveniente dall’estero (anche dalla zona UE).

Ma nel leggere questa agevolazione e nel verificarne i presupposti si evince anche un ulteriore obiettivo, che lancia lo sguardo verso la competitività anche del territorio italiano. Appare, infatti, piuttosto chiaro che l’intento dello Stato si sia concentrato anche sul migliorare il mercato italiano attuale, per renderlo maggiormente attrattivo nei confronti di investitori non solo italiani ma anche esteri, favorendo investimenti di lungo termine, che possano generare benessere e sviluppo sul territorio e nella società nazionale. Questa apertura verso i Paesi esteri si impernia soprattutto su due sotto obiettivi:

  • il primo è insito nell’incentivare la collocazione in Italia di quei beni immateriali che le imprese sia italiane che estere, attualmente hanno collocato al di fuori dei nostri confini nazionali;
  • il secondo sotto obiettivo è quello di mantenere nel nostro Paese i beni immateriali, evitando che gli stessi possano essere collocati all’estero.

Insomma, il Patent Box mira a “nazionalizzare in maniera progressiva” tutto quel patrimonio immateriale che rappresenta la chiave della ricerca e dello sviluppo, quindi il segreto per la competitività sia delle imprese, che del territorio.

È quindi un’agevolazione che guarda al mondo imprenditoriale, ma anche al “sistema Paese” inteso nelle sue molteplici sfaccettature.

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5.  Perché si parla di "50%" delle spese sostenute

Una delle più importanti intuizioni del legislatore, nella stesura degli estremi del Patent Box, è stata quella di non precluderne l’abbinamento ad altre agevolazioni che oggi sostengono le attività di ricerca e sviluppo. Anche sulla scorta della positiva esperienza del Credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, che, nato con formula sperimentale per supportare le imprese italiane impegnate in questa attività, è divenuto nel corso degli ultimi anni una misura che si potrebbe definire “strutturale”. E ha riscosso non solo il gradimento delle imprese, ma anche quello degli economisti che ne hanno più volte riconosciuto l’efficacia e l’utilità.

È chiaro che la possibilità di abbinare due agevolazioni rappresenta per l’impresa un’opportunità molto “ghiotta” per sostenere al massimo livello possibile le proprie attività di ricerca e sviluppo. Ecco perché quel che è oggetto del Patent Box (attività di ricerca e sviluppo mirate alla creazione di brevetti, software protetti da copyright, disegni o modelli) può essere contemporaneamente oggetto anche del Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo.

Se si uniscono queste due agevolazioni e le si applicano all’investimento dell’azienda, ferme le condizioni di ammissibilità del progetto ad entrambe, l’agevolazione che lo stato garantisce sommando questi due “canali” risulta essere superiore al 50 per cento delle spese sostenute dall’impresa. Significa, in estrema sintesi, che oltre la metà delle attività di ricerca e sviluppo di un’azienda che accede contemporaneamente al Patent Box e al Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo, viene sostenuta con fondi esterni all’azienda e al suo bilancio, provenienti dallo Stato.

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6. Il nuovo e il vecchio Patent Box e il sistema "premiale"

Come detto la normativa sul Patent Box è stata oggetto, dalla sua genesi, di molteplici variazioni e modifiche allo scopo di renderla più efficace possibile rispetto agli obiettivi (sostenere le imprese nelle attività di ricerca e sviluppo e generare un’attrazione nei confronti dell’estero per l’ubicazione in Italia dei beni immateriali strategici).

Una di queste variazioni è rappresentata dall’introduzione di quel che viene definito come “sistema premiale”. In sintesi il meccanismo premiale del Patent Box consente di valorizzare ai fini dell’agevolazione anche le spese sostenute dall’impresa nei periodi d’imposta che prevedono quello dell’assegnazione dell’agevolazione stessa, andando a ritroso fino a 8 periodi di imposta precedenti.

Ma le novità legate a questa agevolazione non si esauriscono con il meccanismo premiale. È per quello che si parla di “vecchio” Patent Box (valido ancora per quei soggetti che hanno esercitato l’opzione per il vecchio regime con riferimento all’esercizio 2020) e di “nuovo” Patent Box (fra i due vige un regime transitorio per le imprese che hanno formalizzato l’opzione per il vecchio regime).

Il vecchio sistema prevedeva un’esenzione del 50 per cento dei redditi derivanti dall’utilizzo dei beni immateriali (la concessione in uso, l’uso diretto o la concessione). Sempre nel vecchio sistema, il legislatore prevedeva l’attivazione di un ruling per poter accedere all’agevolazione (obbligatorio per l’utilizzo diretto del bene immateriale, facoltativo per l’utilizzo indiretto dello stesso). Alternativamente al ruling (informazione vincolante ottenuta in anticipo dalle autorità fiscali), una modifica normativa del 2019 aveva dato la possibilità all’impresa di determinare in maniera autonoma il reddito sul quale calcolare l’agevolazione (una sorta di autodichiarazione).

Il “nuovo” Patent Box, invece, introdotto nel 2021 e migliorato con successive modifiche si è concentrato sui costi di ricerca e sviluppo anche se ha ridotto la rosa di beni immateriali per i quali è richiedibile e non prevede alcun ruling. Il regime transitorio fra le due versioni del Patent Box (per le imprese che hanno esercitato l’opzione per il vecchio patent, valida fino all’esercizio 2020) prevede che tali imprese possano optare per il nuovo Patent Box, previa una comunicazione formale che va inviata all’Agenzia delle Entrate, secondo precise modalità stabilite dalla stessa.

È comunque possibile, nei casi in cui lo si ritenga conveniente, mantenere la vecchia procedura di Patent box (per i soggetti che hanno esercitato una opzione valida) con riferimento ai beni immateriali già opzionati (fino a scadenza del periodo quinquennale di durata) ed optare per il nuovo regime Patent box per i beni immateriali nuovi a creare a partire dall’esercizio 2021.

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7. Evidenza del bisogno e conclusioni

La scommessa di ogni agevolazione pubblicata, statale o locale che sia, è quella di colmare un bisogno che emerge dal territorio. Nel caso del Patent Box tale bisogno è molto evidente, poiché le imprese italiane (e quelle estere che decidono di investire nel nostro Paese) sono sempre più vocate ad attività di ricerca e sviluppo per produrre un avanzamento della propria competitività.

Secondo la prestigiosa rivista agendadigitale.eu, che riporta nelle sue pagine uno studio condotto dall’ufficio europeo dei brevetti, le domande di brevetti depositate in Italia nel 2021, risultano essere del 6.5 per cento più numerose rispetto a quelle presentate l’anno precedente che, è vero, fu condizionato dal Covid, ma si ritiene che questa caratteristica possa essere considerata trascurabile in ambito di ricerca e sviluppo (anche nel corso del 2020 si era verificato un aumento di 3.4 punti percentuali rispetto all’anno prima).

Se si guarda il numero complessivo, si evince come nel corso del 2021, siano state depositate ben 4.919 domande di brevetto, un vero record per l’intera storia dello Stivale. E per una volta, su questo tema, l’Italia non è fanalino di coda (o comunque posteriore) rispetto all’Europa: basti considerare che la media dei Paesi Ue su questo “aumento” era stata, nel 2020, del 2.7 per cento.

In ambito europeo le domande di brevetto nel corso del 2021 hanno segnato un saldo percentuale positivo del 4.5 per cento rispetto all’anno prima (meno due punti percentuali rispetto all’Italia), trascinate soprattutto da due settori: la comunicazione digitale e la tecnologia legata all’informatica. Un trend settoriale che non appartiene all’Italia, in cui il settore trainante è invece l’automotive (complice anche la tradizione e la presenza di grandi case automobilistiche) che ha prodotto da solo oltre 400 domande di brevetti (poco meno del 10 per cento del totale).

A spiccare sono anche le performance regionali: sempre secondo agendadigitale.eu, Lombardia, Emilia, Veneto e Piemonte sono annoverate fra le prime 30 regioni europee per numero di domande di brevetto presentate.

Bastano questi numeri per dipingere una situazione in cui si evince una forte spinta dell’impresa italiana verso la ricerca e lo sviluppo, con forme di tutela delle proprie “invenzioni” (deposito di brevetti). E laddove si evidenzia un movimento così “in salute” è opportuno che lo Stato intervenga per migliorarne ulteriormente la competitività, agevolandone il percorso. Si ritiene, quindi, che il Patent Box, a maggior ragione in questo delicato periodo storico, sia un’agevolazione efficace per l’impresa italiana, ma anche necessaria per il miglioramento continuo del sistema Paese.

In conclusione: il regime del Patent Box, che può sembrare semplice e di immediata comprensione, necessita per l’esercizio dell’opzione di professionalità che spesso non si trovano all’interno dell’azienda che intende fare domanda. Per questo motivo il consiglio, non solo degli addetti ai lavori, ma anche di molteplici voci autorevoli del mondo economico e imprenditoriale, è quello di affidarsi a società specializzate in questo tipo di pratiche, come ad esempio, SA Finance, che dal 1996 coadiuva migliaia di imprese italiane nei propri percorsi di sviluppo e crescita grazie all’accompagnamento verso l’acquisizione di contributi pubblici di ogni genere.

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