Cosa finanzia l’agevolazione Transizione 5.0?
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ApprofondisciForti rallentamenti nella spesa e nel raggiungimento degli obiettivi. Questo lo scenario dipinto dalla Corte dei Conti nella relazione semestrale sull’andamento del Pnrr, il quale prevede per il nostro paese un totale di quasi 192 miliardi di euro di fondi europei.
Sull’applicazione del Piano il Paese si trova in una fase difficile: i ritardi riguardano un progetto su due e i pagamenti sono stati completati soltanto per il 70% delle imprese. Un confronto tra i flussi, il cronoprogramma finanziario e il complesso delle risorse per nuovi progetti porta ad evidenziare come oltre la metà delle misure interessate dai flussi mostri ritardi o sia ancora in una fase iniziale dei progetti.
È per questo che il Ministero competente ammette che effettivamente l’orizzonte temporale del Piano è troppo corto perché tutti gli obiettivi possano essere realizzati entro il 2026. Sul punto il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr è netto: “se oggi capiamo che alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati, ed è matematico e scientifico che sia così, dobbiamo dirlo con chiarezza e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito“.
Sarebbe problematico cambiare la scadenza del 2026 – rileva il vicepresidente della commissione Europea – la maggior parte degli obiettivi e traguardi devono essere realizzati quest’anno.
Il Commissario Ue all’Economia ha dichiarato di non essere preoccupato per l’erogazione richiesta a fine dicembre, e ha aggiunto che c’è un margine per rinegoziare i termini del Pnrr.
Più polemica Confindustria, che ha parlato di interventi a pioggia e non strutturati sin dall’inizio. Ora è necessario rinunciare ai progetti inutili e concentrarsi su ciò che realmente serve al Paese. “Si può immaginare un sistema come Industria 5.0, basato su crediti d’imposta, nel quale la stazione appaltante finale è l’industria privata. Quella che investe. Sarebbe una politica industriale con la persona al centro, dal green, al digitale, al lavoro, alla formazione. Il vero problema è la troppa burocrazia della pubblica amministrazione”.
Slitta ad aprile la terza tranche da 19 miliardi.
Secondo la Corte dei Conti di fronte ci sono 27 obiettivi europei e 54 scadenze nazionali da realizzare per il nostro Paese. A questo bisogna aggiungere che risultano conseguiti tutti i 55 obiettivi del secondo semestre 2022. L’Italia è ancora in attesa dell’arrivo della terza rata dei fondi del Piano; una rata che vale 19 miliardi, e che era inizialmente prevista per fine febbraio ed è ora slittata a fine aprile. Un arco di tempo in cui l’Italia dovrà anche presentare il progetto di revisione degli investimenti alla luce del RepowerEu.
Rispetto alla verifica da parte di Bruxelles che l’Italia abbia effettivamente raggiunto gli obiettivi fissati al 31 dicembre 2022, una nota di Palazzo Chigi spiega che è stato concordato di prolungare di un mese la fase di assessment per consentire ai servizi della Commissione di completare le attività tecniche di campionamento e verifica, proseguendo la proficua discussione che ha già consentito di valutare positivamente la maggior parte dei target fissati per il 31 dicembre 2022. La Commissione ha convenuto di estendere questa fase tenendo conto del numero e della complessità dei 55 Milestones e Target previsti.
Sono in particolare oggetto di verifica da parte della Commissione 3 misure: le concessioni portuali sulle quali la Commissione propone di limitare la durata massima, le reti di teleriscaldamento sulle quali c’è il dubbio dell’ammissibilità di alcuni interventi e i Piani Urbani Integrati su cui è stata contestata l’ammissibilità degli interventi relativi al “Bosco dello Sport” di Venezia e allo “Stadio Artemio Franchi” di Firenze.
Per la Corte dei Conti un pezzo di colpe dei ritardi del Pnrr sono da addebitarsi alle modalità di reclutamento del personale perché – viene spiegato – sono state portate avanti “con formule non stabili” che “hanno fatto emergere non poche difficoltà, per le amministrazioni, nel garantire la continuità operativa delle strutture che, al contrario, necessiterebbero di un quadro certo di risorse”.
Nei primi due anni di attuazione, il Pnrr è stato oggetto di revisione nella programmazione delle risorse, ferma restandone la dimensione finanziaria complessiva.
Secondo l’analisi, tra il 2020 e il 2022 sono stati spesi un po’ più di 20 miliardi, meno della metà delle risorse programmate (il 49,7%) e il 12% del totale, inclusi gli incentivi all’edilizia e all’industria. Ma senza tenere in considerazione bonus e aiuti alle imprese, la spesa risulta della metà, il 6%. In base ai dati la Corte dei Conti prevede che il Pnrr potrebbe rimanere inattuato per circa 15 miliardi, il 19,5% in meno rispetto al cronoprogramma, obbligando il governo a cercare di recuperare dal 2024 con una spesa annua superiore a 45 miliardi.
Ad oggi la maggior parte dei fondi del Piano sono stati spesi per raggiungere gli obiettivi di digitalizzazione e innovazione, per il 18,8% del totale, per il 16,7% sono stati indirizzati a quelli della transizione ecologica, e il 16,4% delle infrastrutture.
PNRR, previsioni e pianificazione 2022-2023.
Rispetto alle previsioni iniziali, la nuova pianificazione – già annunciata dal governo nella Nadef 2022 – contempla una traslazione in avanti delle spese originariamente assegnate al triennio 2020-2022, per oltre 20 miliardi complessivi. Il recupero nel trend di spesa avrà luogo a partire dal 2023, esercizio nel quale è prevista un’accelerazione di oltre 5 miliardi; al termine dell’anno in corso, nonostante il recupero, il livello della spesa cumulata dovrebbe rimanere inferiore di quasi 15 miliardi, rispetto al quadro finanziario iniziale.
Il picco di spesa nel 2024-2025.
Nel biennio 2024-2025 è stimato il picco di spesa, con valori annuali che supereranno i 45 miliardi.
Sulla riorganizzazione delle strutture deputate al Pnrr, la Corte segnala che “non può al riguardo non rilevarsi come l’importante azione di riorganizzazione richiederà un’attuazione senza soluzione di continuità con gli attuali moduli organizzativi; ciò al fine di evitare che la fase di avvio delle nuove strutture sia caratterizzata da tempistiche e difficoltà simili a quelle già segnalate con riferimento alla costituzione delle attuali Unità di missione, con conseguenti rischi di rallentamenti nell’azione amministrativa proprio nel momento centrale della messa in opera di investimenti e riforme”.
A febbraio 2023 ammontano a 4,8 miliardi i fondi che le amministrazioni centrali titolari di interventi hanno trasferito ai soggetti attuatori o ai realizzatori delle specifiche iniziative di spesa. Si tratta – rileva la Corte dei Conti – di circa il 70% di quanto ricevuto in disponibilità (7 miliardi) dai conti centrali su cui transitano le somme del Fondo di rotazione Next generation EU-Italia.
L’idea di fondo del Governo resta quella di chiedere uno spostamento della scadenza al 2029. La trattativa è aperta.
(fonte: infobuildenergia)
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