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Richieste di credito in calo, aumenta il tasso di default

Prestiti chiesti dalle imprese frenati (-5,7%) da inflazione, tassi e quadro geopolitico.

Il rallentamento delle richieste di credito da parte delle imprese, registrato da Crif nel 2022 (-5,7% rispetto all’anno precedente), comincia a manifestare i primi segni di incertezza generati dalle tensioni geopolitiche, dall’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime e dalla politica di aumento graduale dei tassi di interesse delle banche centrali. Questo è il risultato non solo dell’impatto della liquidità immessa senza precedenti negli ultimi 18 mesi, ma anche di una cambiamento nella traiettoria del rischio di credito, che per la prima volta dal 2013 è inversa. Tuttavia, bisognerà aspettare per vedere se questa tendenza si consoliderà nei prossimi trimestri.

Il calo generale delle richieste di credito del 5,7% nel 2022 include una maggiore stabilità per le grandi aziende (-2,4%) e una diminuzione significativamente più accentuata per le piccole imprese, che sono rallentate del 12% rispetto al 2021. La domanda di credito è un indicatore importante della salute dell’economia, poiché mostra la propensione degli imprenditori a investire. Quando le aspettative si raffreddano, prevalgono invece l’attesa e il cautelarsi, come sta accadendo in questo momento.

Il calo è in parte causato dalla disponibilità di finanza agevolata attivata dal governo per sostenere la ripresa post-pandemia da Covid-19 tra il 2020 e il 2021. Tuttavia, l’analisi dei dati suggerisce che l’attuale contesto macroeconomico incerto e l’alta inflazione, insieme alla prospettiva di un aumento dei tassi di interesse, lasciano presagire un’accelerazione della dinamica in atto.

Crif rileva invece un aumento dell’importo medio richiesto (+16,8%), rispetto al 2021, pari a un valore di 123.979 euro. Quanto ai settori, quasi un quarto delle richieste totali (23,9%) proviene dal mondo dei servizi, seguito dal settore del commercio (22,9%), entrambi tuttavia in discesa rispetto al 2021, mentre viceversa guadagnano quote sul totale i settori delle costruzioni (17,8%) e il manifatturiero in generale (11,1%).

Infine, l’analisi di Crif rileva che a incidere sulle performance economiche non è solo la quantità dell’investimento, ma anche la qualità, in particolare sui temi chiave per lo sviluppo: digitalizzazione, innovazione e sostenibilità.

(Fonte: Il Sole 24 Ore)

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