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Pnrr e innovazione digitale, qual è il vero impatto?

Il PNRR riserva grande attenzione alla trasformazione digitale e ai temi della ricerca e dell’innovazione, snodi cruciali per rilanciare e accelerare lo sviluppo del nostro Paese.

Il tema è evitare di disperdere le risorse economiche che andremo a investire nei prossimi mesi. Si tratta di capire quindi come essere in grado di passare realmente dall’intento all’impatto, ovvero dalle dichiarazioni di principio e di indirizzo politico a favore dell’innovazione, ad azioni concrete che abbiano una ricaduta positiva, concreta e trasformativa, non solo di facciata.

Ora, la scarsità di risorse economiche non può più essere un motivo per non innovare, ma per avere impatti rispetto agli investimenti dei fondi PNRR serviranno strumenti attuativi, meccanismi attraverso i quali si possano “scaricare a terra” le intenzioni e le dichiarazioni programmatiche.

Dal punto di vista delle ricerca, con il PNRR si sta dando vita ad aggregazioni complesse di università, centri di ricerca pubblici e grandi imprese; ma per costruire queste aggregazioni è necessario molto tempo, ed esiste il rischio che manchi chiarezza rispetto a ciò che si dovrà fare e quindi alla reale efficacia di questa mole di investimenti. Infine, come si sosterranno queste iniziative al termine del periodo di finanziamento del PNRR?

La soluzione potrebbe essere quella di guardare a uno strumento che funziona molto bene a livello europeo, ovvero l’European Research Council, che premia il progetto, il ricercatore, un team. Anziché fare pochi mega cluster di ricerca, si potrebbe dare vita a centinaia di progetti ERC.

Analogamente, sarebbe preferibile finanziare la domanda di innovazione attraverso lo strumento del credito d’imposta, agile e veloce, piuttosto che potenziare l’offerta creando nuovi consorzi o società che presentano costo di funzionamento molto alti.

Nella scelta degli strumenti di attuazione del PNRR, insomma, si dovrebbe ragionare da ingegneri e valutare fattibilità e concretezza.

Rispetto al ruolo dello Stato, non si può certo pensare che possa essere quest’ultimo a portare avanti i processi innovativi; è tutto il Paese che deve essere capace di reagire. Lo Stato naturalmente dovrebbe fare la sua parte: stimolare la nascita di nuove realtà aziendali e occuparsi dello sviluppo delle esistenti.

Se si guarda poi alla carenza di competenze tecniche, servono fondamentalmente tre cose: riqualificazione della domanda di risorse, formazione diffusa e capacità di pianificazione del sistema educativo e formativo. Sulla necessità di formazione diffusa sul digitale, le università potranno formare tecnici specialisti, mentre gli ITS dovranno formare 10-20 volte in più rispetto a oggi i tecnici intermedi. In generale, dobbiamo capire come dimensionare e rimodulare l’intero sistema formativo.

Il PNRR è una occasione unica: per non disperderla dobbiamo essere certi che le buone intenzioni e le ingenti risorse previste siano “messe a terra” attraverso misure attuative che siano da un lato capaci di andare alla radice dei problemi e, dall’altro, siano velocemente ed efficacemente attuabili.

(Fonte: Huffington Post)

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