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Industria 4.0: un paradigma in crisi?

Il concetto di Industria 4.0 sembra essere passato un po’ in secondo piano, sia a livello di scelte politiche, sia a livello di consapevolezza delle imprese.

Un tempo, affermare Industria 4.0 equivaleva a dire una formula magica; ci riferiamo al 2016 e dintorni: gli anni in cui l’Italia tenta di raggiungere la modernizzazione del proprio parco macchine. Sono gli anni dell’iperammortamento, del telegiornale che inizia con questi argomenti l’edizione serale.

In seguito sono arrivati Covid, conflitti, inflazione, e l’Industria 4.0 esce dalla scena, se ne discute di meno, fino quasi a svanire dai radar della politica, ma anche delle associazioni di imprenditori.
Oggi il tema in oggetto è scarsamente supportato, proprio nel momento in cui l’Europa e i paesi più avanzati promuovono l’Industria 4.0; dunque oggi la notizia è la non-notizia, ossia il fatto che attorno all’Industria 4.0 e ai suoi incentivi e relative politiche, sia calato il silenzio.

Tuttavia, il Paese deve ripensare i processi produttivi delle aziende, se vogliamo essere competitivi sui vari mercati.

Certo, oggi esiste Transizione 4.0, che è un termine impiegato per descrivere la quarta rivoluzione industriale, caratterizzata dall’introduzione di tecnologie avanzate come l’Intelligenza Artificiale, l’Internet of Things, la robotica e la biotecnologia. Questa transizione sta cambiando in profondità il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo tra di noi. La Transizione 4.0 rappresenta un’opportunità per incrementare l’efficienza e la produttività, ma anche per affrontare sfide cruciali come la disoccupazione tecnologica e l’impatto sociale e ambientale.

Ma questa non è Industria 4.0. L’Industria 4.0 è un concetto che si riferisce anch’esso alla quarta rivoluzione industriale, con adozione di tecnologie avanzate, per migliorare la produzione, la logistica e la catena di approvvigionamento. L’Industria 4.0 mira a creare sostanzialmente un’industria più intelligente, flessibile e interconnessa, in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e di fornire soluzioni personalizzate per i clienti. Questa rivoluzione industriale sta trasformando profondamente il modo in cui le imprese operano, creando nuove opportunità per aumentare l’efficienza, la qualità e la sostenibilità.

Industria 4.0 e Transizione 4.0 sono due termini spesso usati in modo interscambiabile, ma ci sono alcune differenze sostanziali tra di loro. Infatti, Industria 4.0 si riferisce specificatamente alla rivoluzione industriale in corso, che sta trasformando profondamente la produzione e la catena di approvvigionamento. Si concentra sulle tecnologie che stanno cambiando la produzione e su come le aziende possono adottare queste tecnologie per migliorare la loro efficienza e flessibilità. La Transizione 4.0, invece, è un termine più ampio che si riferisce alla quarta rivoluzione industriale e al suo impatto sulla società nel suo complesso. Questo concetto comprende l’Industria 4.0, ma si estende anche ad altri settori, come l’educazione, la sanità e il lavoro. La Transizione 4.0 si concentra sui cambiamenti globali che stanno influenzando la vita quotidiana delle persone.

Ma perché l’Industria 4.0 sembra essere in stallo? Senza dubbio, la riduzione e l’oscillazione degli incentivi fiscali come gli iperammortamenti hanno contribuito ad aumentare il disinteresse verso questa tematica. Inoltre, le aziende sembrano essere più concentrate sul rientro economico immediato piuttosto che sull’utilità reale dell’incentivo, cercando di ottenere i contributi statali sotto forma di incentivi invece di investire nei processi e nel ripensamento della fabbrica in chiave prodotto/servizio. In realtà, il vero obiettivo degli investimenti è la crescita e l’utilità futura per l’azienda, non solo il credito di imposta ricevuto oggi. Tuttavia, gli incentivi hanno svolto un ruolo importante per le imprese italiane e si spera che in futuro saranno disponibili in modo più stabile. Inoltre, anche i finanziamenti destinati ai Digital Innovation Hub e ai Competence Center sono fermi da almeno sei mesi e il piano di specializzazione dei Competence Center fatica a decollare. Purtroppo, l’Italia sta perdendo terreno rispetto ai paesi leader del cambiamento nell’Unione Europea e sarebbe auspicabile una pronta inversione di tendenza.

(fonte: agendadigitale.eu)

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