Cosa finanzia l’agevolazione Transizione 5.0?
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ApprofondisciIl concetto di credito inesistente assume una portata più ampia nell’ambito penale rispetto a quello amministrativo, secondo la recente sentenza depositata dalla Cassazione, sezione III penale, con il numero 6/2024. Tale interpretazione entra in contrasto non solo con altre decisioni della Suprema Corte, ma anche con gli arresti recenti delle Sezioni Unite, numerati 34419 e 34452, datati dell’11 dicembre scorso. Questo contrasto potrebbe riaprire il dibattito sulle diverse conseguenze penali e amministrative delle indebite compensazioni ai fini tributari, che potrebbero essere considerate non spettanti e quindi sanzionabili in modo meno grave, mentre ai fini penali potrebbero configurare il più grave reato di credito inesistente, con conseguenze fino a sei anni di reclusione.
In breve, la questione esaminata dalla Terza Sezione penale riguarda una compensazione di crediti fittizi. Secondo la difesa, questa era facilmente individuabile mediante un controllo formale o dai dati in possesso dell’amministrazione, nonostante fossero stati svolti controlli e accertamenti sulla fittizietà delle società coinvolte nell’operazione di formazione dei crediti. La configurazione secondo le regole tributarie di un credito non spettante e non inesistente, come contestato, richiede la doppia condizione: 1) la fittizietà del credito o la mancanza dei presupposti, e 2) l’impossibilità di rilevare la violazione mediante liquidazione automatizzata delle dichiarazioni o controllo formale delle dichiarazioni.
Secondo la Cassazione, la definizione in questione, derivante dall’articolo 13 modificato dal Dlgs 158/2015, si applica solo agli illeciti amministrativi. Tuttavia, ai fini penali, sembrerebbe irrilevante la seconda condizione, ovvero il modo in cui la violazione potrebbe essere individuata. Questo contrasta con le Sezioni Unite, che recentemente hanno sostenuto che la nozione di crediti inesistenti e non spettanti in ambito tributario è “unitaria” tra l’ambito penale e fiscale.
Le Sezioni Unite hanno motivato in modo diametralmente opposto alla pronuncia della Terza Sezione penale. Secondo questi giudici, il fatto che la nozione di credito non spettante/inesistente sia stata introdotta con il decreto 158/2015 solo ai fini tributari dimostra l’irrilevanza penale di tale previsione. La Cassazione, al contrario, ha sottolineato che “proprio la contestualità delle modifiche operate con il Dlgs 158/2015 conduce a ritenere, già in prima battuta, la valenza unitaria delle nozioni introdotte con l’art. 13 commi 4 e 5”.
Si spera che il collegio della Terza Sezione penale, durante l’udienza del 14 novembre 2023, non fosse a conoscenza delle decisioni delle Sezioni Unite, la cui udienza si è svolta il 12 settembre 2023, e il deposito è avvenuto l’11 dicembre successivo. Questa circostanza potrebbe spiegare il mancato riferimento all’orientamento delle Sezioni Unite nella sentenza della Terza Sezione penale. In caso contrario, sarebbe auspicabile un rapido cambiamento di orientamento, sia per garantire una certezza sulla questione, che è sempre più oggetto di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, sia per evitare che illeciti ritenuti meno gravi ai fini tributari (crediti non spettanti) possano configurare, incredibilmente, una fattispecie penale sanzionata in modo particolarmente severo.
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