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Aumento dei tassi: costa 11 miliardi alle imprese, 2 alle famiglie

Settore bancario. Negli ultimi nove mesi, gli interessi annualizzati sui prestiti concessi ai clienti sono aumentati di 19,7 miliardi (da 30,5 a 50,2 miliardi), mentre la remunerazione della raccolta è aumentata di soli 6,5 miliardi.

Ammonta a 13,3 miliardi l’aumento annuo netto degli interessi che le banche stanno guadagnando dai loro clienti, rispetto a luglio 2022 (fine dei tassi negativi): 11,1 miliardi gravano sulle imprese e 2,2 miliardi sulle famiglie. Questi dati si riferiscono a marzo, ma ad aprile l’aumento è già salito di altri 1,6 miliardi. A breve saranno pubblicati i dati provvisori di maggio, che ci diranno se e in che misura il credito continua a contrarsi, se la raccolta a vista esce dai conti correnti e se il margine di guadagno delle banche, generato dal differenziale tra interessi attivi e passivi praticati ai clienti, continua a crescere o meno.

La dinamica in atto è nota, caratterizzata dall’ampio e rapido allargamento della differenza dei tassi ai clienti, da 180 a 317 punti base. Negli ultimi nove mesi, proiettando i dati mensili su base annua, gli interessi sui prestiti concessi ai clienti sono aumentati di 19,7 miliardi (da 30,5 a 50,2 miliardi). Allo stesso tempo, la remunerazione della raccolta dai residenti, comprensiva di obbligazioni e operazioni a termine, è aumentata di soli 6,5 miliardi.

La liquidità sui conti correnti.

Da notare che nell’ultimo decennio il denaro lasciato sui conti è raddoppiato, passando dal 41% all’attuale 68% della raccolta. Alla fine del 2022, le passività delle principali banche italiane erano costituite per il 67% da depositi e conti correnti, di cui il 93% a vista, l’11% da titoli di debito e il 13% dai finanziamenti Tltro della Bce.

Alla fine di marzo, gli importi sui conti correnti ammontavano a 1.368 miliardi di euro (tre quarti dei quali detenuti dalle famiglie). La loro remunerazione è salita al 0,29% ad aprile (rispetto allo 0,26% di marzo), pur rimanendo a livelli più elevati rispetto alla media delle banche europee. In dettaglio, le banche italiane pagano un tasso dello 0,22% alle famiglie (rispetto allo 0,18% dell’area euro) e dello 0,46% alle imprese (rispetto allo 0,44%).

Se è vero che i correntisti continuano a mantenere un surplus di liquidità sui conti (fino a quando?), le banche ne beneficiano: pagano tassi quasi nulli su una raccolta che viene utilizzata per metà per finanziare famiglie e imprese, e per l’altra metà viene depositata o reinvestita in attività più redditizie. Tutto ciò sembra non aumentare i rischi di liquidità, considerando che anche la Banca d’Italia ritiene il profilo delle banche equilibrato, sia a breve che a medio termine (Rsf 1/2023).

Imprese a tassi variabili.

Le imprese sono quelle che pagano il prezzo più alto. Nonostante abbiano 31 miliardi in meno di finanziamenti (da 674 miliardi a luglio a 643 miliardi a marzo), l’ammontare degli interessi è più che raddoppiato, passando da 12,1 a 25,3 miliardi. I tassi, principalmente variabili, si sono rapidamente allineati alle nuove condizioni.

Questo è confermato dal confronto tra il tasso sui prestiti esistenti a marzo, pari al 3,93%, e il 4,30% dei nuovi finanziamenti, un valore che supera di oltre tre volte quello di luglio scorso (1,30%).

Anche il tasso medio per le aperture di credito e per i prestiti rotativi per la gestione dei crediti è salito al 4,6% dal 2,22%. Nel complesso, da quando la Bce ha iniziato ad aumentare i tassi a luglio, le imprese pagano alle banche 13,2 miliardi di interessi passivi in più sui prestiti, guadagnando 2,1 miliardi in più di remunerazione sui depositi.

Famiglie tra inflazione e rate.

Le famiglie, comprese le piccole imprese, devono fare i conti non solo con l’alta inflazione, ma anche con l’aumento delle rate e degli interessi annuali per un totale di 4,2 miliardi (da 7,1 a 11,3 miliardi) sui 426 miliardi di mutui in corso per l’acquisto di abitazioni. Questo nonostante i mutui a tasso fisso stipulati negli anni passati abbiano mediamente contenuto l’aumento del tasso dal 1,67% al 2,66%. I tassi dei nuovi mutui, invece, hanno superato il 4%, rispetto all’1,2% di dicembre 2021. Nel complesso, le famiglie stanno pagando un aumento degli interessi di 6,5 miliardi sui 679 miliardi di prestiti ottenuti dal sistema bancario. Allo stesso tempo, le famiglie ricevono un maggior introito di poco più di 4,3 miliardi sui 1.610 miliardi di raccolta diretta (depositi familiari e raccolta da obbligazioni e prodotti strutturati) affidati alle banche.

Margini e redditività.

La diversa dinamica dei tassi tra depositi e prestiti sta ampliando il margine finanziario delle banche, aumentando i loro profitti. Secondo i dati della Banca d’Italia (relazione annuale del 31 maggio scorso),

nel 2022 il margine di interesse delle banche italiane ha raggiunto i 45,5 miliardi di euro, il valore più alto di sempre, superiore anche al picco del 2008 (44,8 miliardi di euro). Rispetto al 2021, il margine della gestione finanziaria è aumentato di 7,1 miliardi di euro (+19%). Un aumento simile si è verificato anche per gli utili netti, che sono saliti a 21,8 miliardi di euro nel corso dell’anno, un incremento di 7,7 miliardi di euro (+55%).

Le relazioni trimestrali dei principali gruppi bancari nel marzo 2023 hanno evidenziato una crescita tendenziale del 38% del margine finanziario e del 48% degli utili rispetto all’intero anno 2022. Questi dati non sorprendono considerando la crescita mensile del margine della clientela. Il differenziale medio dei tassi per la clientela è stato di 241 punti base nel quarto trimestre del 2022, superiore alla media di 177 punti base dei nove mesi precedenti. Nel trimestre terminato a marzo, il valore è salito a 294 e successivamente a 317 a aprile.

Questo trend conferma le aspettative di utili record scaturite dai rapporti trimestrali precedenti. Ciò è particolarmente evidente considerando che la forbice dei tassi per la clientela sembra non aver ancora raggiunto il suo limite.

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