Le Comunità Energetiche: un’opportunità per ripensare la produzione di energia a livello locale

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1.1 Cos'è una comunità energetica

Quando parliamo di produzione e distribuzione di energia elettrica, dobbiamo rifarci a diversi modelli che vengono utilizzati e che sono figli di epoche differenti.

Il modello industriale che tutti noi oggi conosciamo e che è ancora in assoluto il più diffuso prevede la produzione di energia in un punto produttivo dalle grandi potenzialità (una centrale, ad esempio) e la distribuzione dell’energia, attraverso apposite reti, laddove l’energia stessa serve (abitazioni, aziende, tutti gli edifici che necessitano). Questo è un modello che possiamo definire tradizionale, figlio di un modello che ha funzionato alla perfezione per oltre un secolo.

Accanto a questo modello si è generato tutto il sistema economico legato all’energia elettrica: dalle grandi aziende di produzione, alle aziende di distribuzione, da quelle che curano il delicato aspetto delle reti, a tutta una serie di fornitori, grandi e piccoli, che concorrono al sistema “energia elettrica” del nostro Paese.

Modello alternativo è quello legato all’autoproduzione e all’autoconsumo. Ci riferiamo a chi, privato, ente o azienda, produce in proprio l’energia e poi la consuma, immettendo nella rete quella prodotta in eccedenza (sistema che in passato portava con sé benefici fiscali oltre che di risparmio immediato). Gli esempi più evidenti in questo senso sono rappresentati dalla moltiplicazione degli impianti fotovoltaici utilizzati dalle imprese (l’autoconsumo di energia, soprattutto durante l’arco di sole della giornata, permette di rientrare dall’investimento in pochissimi anni) per poter far fronte alla propria produzione.

Due modelli diametralmente opposti, quindi: un grande centro di produzione a disposizione di moltissimi fruitori, o un piccolo centro di produzione a disposizione di un solo fruitore. Ecco, la comunità energetica rappresenta la via di mezzo fra questi due modelli: si tratta di un “piccolo centro di produzione” utilizzato non da uno ma da più fruitori finali. È un’energia prodotta a “chilometro 0”. In questo la comunità energetica è costituita fra fruitori limitrofi, edifici confinanti, o comunque siti nella prossimità. La si potrebbe anche definire come “energia di quartiere” oppure “energia di vicinato” poiché le comunità energetiche, così come sono state pensate dallo Stato, si pongono l’obiettivo di unire più soggetti verso un unico obiettivo, che siano privati, pubblici o aziende.

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1.2 Come si crea una comunità energetica

Si tratta di una coalizione di utenti, che dopo una adesione (che in ogni caso deve essere volontaria) collaborano ad un obiettivo comune, ovvero la produzione, il consumo e la gestione dell’energia elettrica, “sfruttando” un impianto energetico locale.

Le caratteristiche portanti di una comunità energetica sono riuscire a produrre energia rinnovabile e fornirla ai propri membri a prezzi accessibili. Questo è possibile attraverso il coinvolgimento nella comunità energetica di singoli cittadini, attività industriali, altre attività economiche, pubblici edifici: l’energia viene prodotta, consumata e scambiata in un’ottica di piena collaborazione fra entità o persone.

Le parole chiave che si ritrovano all’interno di una comunità energetica sono due:

  • La prima è autoconsumo, ovvero la possibilità da parte dei membri della comunità, di consumare direttamente il loco energia prodotta da un impianto locale di generazione.
  • La seconda è “prosumer” ed è riferita ai membri della comunità energetica, che non sono soltanto fruitori ma sono soggetti attivi nella gestione della comunità energetica stessa.

Si tratta di un approccio totalmente diverso rispetto al modello industriale di produzione dell’energia (grandi punti di generazione e distribuzione su rete capillare a migliaia di utenti). Oggi il prosumer di una comunità energetica non è un utente, ma è un protagonista dell’impostazione e della gestione delle politiche energetiche che lo riguardano proprio perché in quanto membro.

Risulta utile ricordare che le comunità energetiche, secondo la normativa vigente nel nostro Paese, si distinguono in due tipologie:

  • La prima tipologia riguarda le “Comunità energetiche rinnovabili” (sono quelle che si trovano in prossimità degli impianti di generazione e che si basano sul principio di autonomia fra i membri);
  • La seconda riguarda le “Comunità energetiche di cittadini” (quelle che possono occuparsi solo dell’elettricità).

Nella comunità energetica vigono regole di libertà identiche a quelle di una comunità fra uomini: devono essere aperte, trasparenti, fondate su criteri oggettivi e non discriminatori e ogni partecipante ha il diritto di cambiare idea se lo ritiene e uscire dalla comunità energetica. I pilastri della comunità energetica sono, in ogni caso, la prossimità (la vicinanza del partecipante all’impianto di generazione) e la produzione di energia rinnovabile (aspetto ambientale e di sostenibilità).

1.3: Perché si è tornati a parlare di comunità energetiche

Si sente sempre più spesso dire che il futuro è quello delle comunità energetiche. E non si tratta neppure di un futuro troppo in là. Anzi, si potrebbe parlare di un futuro immediato, perché l’estate 2022 porta grandi novità su questo tema.

Le comunità energetiche subiranno, infatti, un profondo mutamento nei prossimi mesi in quanto da una fase “sperimentale” ossia legata alla possibilità di creare una CER (acronimo di comunità energetica) nel perimetro della stessa cabina MT/BT con una potenza incentivabile e installabile di impianti di produzione da fonti rinnovabili di massimo 200 kWp, si passerà ad una fase si può definire “attuativa”. Questa fase prevede un ampliamento del perimetro (tutte le utenze sottese alla stessa cabina AT/BT) e l’aumento della potenza incentivabile fino a 1 MWh, senza più limiti di potenza totale installabile. Una bella “rivoluzione” che segna l’efficacia di questo strumento, soprattutto in chiave di risparmio energetico ed è applicabile a tutti gli ambiti dei fruitori di energia: dai privati alle aziende, fino agli enti pubblici.

Una comunità energetica rinnovabile, o CER per semplicità, lo ricordiamo, è un’associazione composta da membri che possono essere soggetti privati e/o pubblici, volta allo stesso obiettivo. Una sorta di “associazione” per l’ambito energetico.

Lo scopo della comunità energetica è quello di massimizzare la produzione e il consumo di energia pulita generata all’interno del proprio perimetro, minimizzando l’acquisto sul mercato. Non solo. L’incentivo derivante dall’energia pulita prodotta e auto-consumata istantaneamente è di durata ventennale del valore di 0,11 €/kWh. L’incentivo viene corrisposto per il valore minore tra la quantità di energia prodotta totale o viceversa, in caso minore, la quantità di energia auto-consumata totale. Ed è presente un ulteriore beneficio economico pari a circa 9 €/MWh in quanto la quota di trasporto e di oneri di sistema non viene pagata interamente, essendo infatti l’energia auto-consumata localmente. Le comunità energetiche diventano, quindi, un elemento di contenimento di costi dell’energia e al contempo un modello per la produzione di energia pulita.

1.4 Cosa dice la normativa italiana

Attualmente, la normativa italiana sulle comunità energetiche rinnovabili consiste nell’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe 162/2019 (convertito con la Legge n. 8/2020 del 28 febbraio 2020), nei relativi provvedimenti attuativi (la delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MiSE) e nel D.Lgs. 199/2021, che dà attuazione alla Direttiva Europea RED II sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

In sintesi, le comunità energetiche rinnovabili sono un soggetto giuridico che:

  • si basa sulla partecipazione aperta e volontaria;
  • è costituito da persone fisiche, PMI, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali;
  • è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità energetica rinnovabile;
  • ha come obiettivo principale quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.

Inoltre i soggetti associati mantengono i loro diritti di cliente finale, compreso quello di scegliere il proprio fornitore di energia elettrica, e possono uscire dalla comunità quando lo desiderano.

Quanto al dimensionamento, all’età e all’allacciamento degli impianti, il D.Lgs. 199/2021 ha recentemente reso meno stringenti i requisiti, stabilendo i seguenti criteri direttivi (che dovrebbero entrare in vigore entro fine giugno 2022):

    • Gli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili devono avere una potenza complessiva non superiore a 1 MW ed essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria (corrispondente territorialmente a circa 3-4 Comuni oppure 2-3 quartieri di una grande città) su cui insistono anche tutti gli iscritti alla comunità energetica (l’ARERA definirà delle modalità semplificate per il rispetto del requisito della cabina primaria con un documento di consultazione previsto per maggio: torna a visitarci per aggiornamenti).
  • Possono aderire alla comunità energetica anche impianti a fonti rinnovabili già esistenti alla data di entrata in vigore del Lgs. 199/2021, purché in misura non superiore al 30% della potenza complessiva che fa capo alla comunità.

La legge non fa specifico riferimento alla tecnologia rinnovabile da adottare, ma quella che si presta a sfruttare meglio i vantaggi del provvedimento è senza dubbio il fotovoltaico. In attesa che il Ministero della Transizione Ecologica e l’ARERA aggiornino i meccanismi di incentivazione e le restituzioni tariffarie previsti dal DL 162/2019, al momento gli iscritti a una comunità energetica ottengono complessivamente un beneficio di circa 179 €/MWh, con un ritorno dell’investimento stimato in pochi anni. Questa cifra è ottenuta dalla somma:

  • Della tariffa premio di 110 €/MWh sull’energia condivisa nella comunità, fissa per 20 anni.
  • Della restituzione di circa 9 €/MWh sull’energia condivisa per valorizzare i benefici
  • Del ricavo di circa 60 €/MWh (valore medio stimato su 20 anni) sull’energia rinnovabile immessa in rete, variabile in base all’andamento del Prezzo Unico Nazionale (PUN).

 

Al fine di premiare la condivisione dell’energia nell’ambito di configurazioni di autoconsumo multiplo, quali le comunità energetiche, dal 15 settembre 2022 (indicativamente) il meccanismo dello scambio sul posto sarà soppresso per i nuovi impianti al di fuori delle comunità, mentre dal 1° gennaio 2025 lo sarà anche per gli impianti già in esercizio.

1.5 Cosa dice la normativa europea

Il quadro normativo di riferimento per le comunità energetiche non può che partire dall’ambito territoriale europeo, successivamente recepito dagli Stati membri. In questo caso la pietra miliare dell’intera legislazione sulle comunità energetiche è rappresentata dalla direttiva UE 2018/2001, anche conosciuta come direttiva RED II, anagramma che sta per “Direttiva sulle energie rinnovabili, parte seconda”.

Questa direttiva comunitaria, riferendosi alla promozione negli Stati membri dell’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili, va ad introdurre due modelli come principali: l’autoconsumo collettivo e la comunità energetica rinnovabile.

I pilastri sui quali la direttiva basa la sua “bontà” sono numerosi: si favorisce in questo modo l’utilizzo delle fonti di energia locali, si garantisce una maggiore sicurezza per quanto riguarda gli approvvigionamenti energetici, con conseguente abbattimento delle distanze di trasporto e aumento dell’ottimizzazione (si abbatte totalmente la dispersione).

Portando “in dote” questi elementi ritenuti qualificanti, la direttiva europea è il testo che traccia la strada per tutti gli Stati membri sul tema delle comunità energetiche e dell’autoconsumo. E anche in questo caso è opportuno fare un distinguo, altrimenti non si capirebbe esattamente la differenza fra autoconsumatore e membro di una comunità energetica. L’autoconsumatore è un soggetto privato che produce in proprio energia rinnovabile (adeguandosi alle norme dello Stato in cui la produzione avviene) con l’obiettivo di consumarla, accumularla o venderla, ma con il divieto di vendere ad altri “privati”. Più autoconsumatori possono agire allo stesso scopo collettivamente, ma non sono una comunità energetica che, al contrario, è un soggetto giuridico a tutti gli effetti, composto da azionisti (privati, enti pubblici, aziende), con l’obiettivo di fornire agli azionisti stessi benefici sia ambientali che economici in tema di energia elettrica.

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2. Come funzionano le comunità energetiche

2.1 La tecnologia di una comunità energetica

Appare chiaro, parlando di comunità energetiche, che le stesse debbano essere supportate da una tecnologia piuttosto all’avanguardia, sia per la fase di generazione dell’energia (che, lo ricordiamo, deve essere energia pulita) che per la fase di distribuzione.

Il gap che si paga nei confronti dei grandi centri di generazione è che una comunità energetica non dispone di mezzi tali da garantire una costante manutenzione degli impianti, quindi il valore della comunità sta proprio nel grado di efficienza e affidabilità degli stessi. Non solo. Un elemento importante all’interno di una comunità energetica è l’educazione dei partecipanti ad un consumo efficiente e intelligente, che prevede quindi, l’analisi di una serie di dati per poter approntare al meglio la politica energetica della centrale e ragionarla su indicatori certi e definiti.

Certamente le tecnologie per l’accumulo di energia rientrano in questo campo specifico: l’accumulo elettrochimico dell’energia avviene tramite batteria a ioni di litio (o dotate di tecnologia simile) ed è fondamentale per un consumo intelligente della risorsa elettrica. Si pensi, ad esempio, al caso di un privato che spesso è portato fuori casa durante le ore del giorno, quelle in cui si genera più energia elettrica con un impianto fotovoltaico. Quel privato, se fa parte di una comunità energetica che si basa su un impianto fotovoltaico, rischia di non avere autoconsumo, ma dover far fronte allo scambio o ad altre forme di approvvigionamento. Con la dotazione di batterie di accumulo, quel privato potrà conservare l’energia prodotta durante il giorno e utilizzarla la sera, senza dover far fronte ad altre forme di approvvigionamento.

É anche vero che il livello di avanzamento tecnologico al quale siamo giunti, fornisce strumenti atti ad impedire che si rischi un consumo sbagliato e poco intelligente dell’energia all’interno di una comunità. Esistono, infatti, apparecchi come gli “energy box” che sono veri e propri suggeritori di comportamenti adeguati al partecipante alla comunità energetica (prima ne analizzano i comportanti, poi ne ottimizzano un modello ideale). L’insieme dei dati raccolti dagli energy box è normalmente convogliato in una rete comune della comunità energetica e va a comporre un prezioso e preciso sistema di monitoraggio continuo dell’andamento dei consumi di energia elettrica.

2.2 I vantaggi economici

Nonostante non sia il primissimo obiettivo con il quale nasce una comunità energetica, considerando che si parte sempre da un aspetto legato all’ambiente e alla sostenibilità, l’impatto economico positivo sui partecipanti alla comunità energetica è in ogni caso notevole, soprattutto in un’epoca storia contrassegnata dalla fluttuazione costante verso l’alto dei costi di energia elettrica e gas.

Secondo l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, vi sono evidenti vantaggi economici per un cittadino, un’impresa o un ente che sceglie di far parte di una comunità energetica legata al principio dell’autoconsumo. Il primo vantaggio economico è visibile in bolletta, poiché maggiore è l’energia che viene auto consumata, minori sono le voci che concorrono alla composizione del dovuto in bolletta (gli oneri legati alla rete, la quantità di energia prelevata dalla rete, le imposte su queste e altre voci).

Il secondo impatto di ordine economico è dettato dall’energia prodotta e non utilizzata: i meccanismi incentivanti vanno a premiare economicamente la messa in rete di energia autoprodotta in seno a una comunità energetica.

Infine un terzo capitolo del risparmio economico è legato alle detrazioni e alle misure agevolative che accompagnano la genesi di una comunità energetica.

Si tratta di incentivi presenti anche nel caso in cui il singolo decida di avvalersi di sistemi di autoconsumo, pur non facendo parte di una comunità energetica, ma che a maggior ragione prendono valore nel contesto della comunità. Per fare un esempio: lo Stato favorisce, permettendo di recuperare un’alta percentuale del costo di un impianto di autoconsumo, chi decide di avvalersi di questo modello (recupero parziale dei costi per il fotovoltaico, incentivi per le imprese che favoriscono l’approvvigionamento da nuove forme di energia, etc.).

Uno degli incentivi che più ha pensato in questi ultimi anni è stato il superbonus al 110 per cento indirizzato ai privati su azioni di efficientamento energetico. Azione che, attraverso un meccanismo di interventi primari e secondari, al realizzarsi dell’aumento di almeno due classi energetiche di un edificio, ha permesso ai privati di rendere energeticamente autonoma la propria abitazione: l’inclusione di quell’abitazione, dotata di un sistema di generazione pulita ad autoconsumo, in una comunità energetica, non può che andare a moltiplicare e far lievitare questi vantaggi.

Non si dimentichi, infine, il contrasto alla povertà energetica, come effetto di vantaggio economico diretto alla creazione di una comunità energetica. Secondo la UE, l’Italia è tra i paesi europei dove le famiglie hanno più difficoltà a pagare le bollette di luce e gas: quasi il 15 per cento delle famiglie non riesce a mantenere la propria casa riscaldata in forma adeguata. I vantaggi di una comunità energetica per questa tipologia di famiglie sarebbero ancora più preziosi ed essenziali.

2.3 I vantaggi ambientali

Rappresenta l’aspetto portante sul quale nasce la logica delle comunità energetiche.

La genesi di energia, che sia intesa come energia elettrica o gas, deve necessariamente essere pulita e totalmente sostenibile. La comunità energetica, infatti, si basa su una sorta di patto di responsabilità fra i partecipanti che decidono di contribuire al progressivo abbattimento dell’impatto ambientale, spinti da un obiettivo etico ancora prima che economico. E proprio per questo i benefici ambientali sono notevoli. A partire dalla riduzione delle emissioni: nel caso in cui una comunità energetica sia alimentata da un impianto fotovoltaico (una delle fattispecie più diffuse), grazie a quella comunità energetica si ridurranno in maniera sostanziale le emissioni di CO2 e quelle di altri gas che alterano il clima (frutto della produzione “tradizionale” di energia). Si consideri in quest’ottica che per un chilowattora consumato da un’utenza domestica, l’Enea stima che vengano immessi nell’ambiente circa 350 grammi di CO2. Una famiglia “tipo” italiana consuma circa 2700 chilowattora anno per un totale di circa 950 chilogrammi di CO2 immessa nell’ambiente.

Questa quota di emissioni viene totalmente abbattuta dal sistema fotovoltaico che, per sue precise caratteristiche, non produce alcuna emissione dannosa per l’ambiente. Non a caso uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 è proprio quello della riduzione delle emissioni di CO2 nell’ambiente.

Nessuno fra chi abita questo pianeta può guardare con menefreghismo questi dati e questa situazione: le crescenti emissioni stanno aumentando l’effetto serra e l’aumento dell’effetto serra sta avendo conseguenze devastanti sulla salute della terra, ma anche sull’economia umana e sulla sicurezza. Non si tratta soltanto di essere “ambientalisti” ma si tratta di preservare la continuazione del genere umano così come lo conosciamo.

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3. I passaggi concreti

3.1 Avviso indirizzato ai comuni lombardi

L’estate 2022 è da considerarsi un trampolino di lancio per le comunità energetiche, perché segna proprio lo spartiacque fra due fasi legate a questo “istituto”: una prima fase sperimentale che ha potuto evidenziarne il valore in termini ambientali e in termini economici e una nuova fase, che potremmo definire “strutturale” che intende ora favorirne la genesi su larga scala per ottenere i macro obiettivi.

Un’azione di particolare rilievo l’ha svolta la Lombardia, che ha chiamato a raccolta i propri comuni diffondendo un primo “avviso” che mira a capire quale può essere lo sviluppo delle comunità energetiche sul territorio lombardo.

In forma strategica la Lombardia ha rivolto questo avviso ai comuni, affidando all’ente locale il ruolo di aggregatore, grazie alla conoscenza precisa delle caratteristiche e delle esigenze del territorio. Un motore “pubblico” per generare uno o più patti di natura pubblico/privata sul tema energetico. L’avviso è strutturato come una semplice manifestazioni di interesse (con relativa proposta di comunità energetica) che, entro il 30 aprile 2023 andrà formalizzata all’ente comprensoriale, ma poi prevedrà tutti gli incentivi e le caratteristiche delle comunità energetiche lombarde. Una mossa per anticipare i tempi e capire lo sviluppo di questo “istituto” nel prossimo futuro.

3.2 Case history di successo: in Europa e nel mondo

La case history di comunità energetiche sono molteplici in tutto il mondo. Mentre in Italia, infatti, il fenomeno delle comunità energetiche è caratterizzato da qualche ritardo (ma in questa fase si sta recuperando il tempo perduto), in molti Paesi del Nord Europa, in special modo Germania, Danimarca e Paesi Bassi, sono ormai diffuse. Così come anche nel resto del mondo.

Le case history che seguono, a titolo esemplificativo, sono quelle maggiormente conformi alle disposizioni vigenti in Europa. Di seguito (Materiale estrapolato dall’opuscolo “Comunità energetiche” pubblicato da Enea), l’illustrazione di questi specifici casi:

Grupo Creluz, Rio Grande do Sul (Brasile)

Creato nel 1999, il gruppo è arrivato a possedere e gestire 6 impianti idroelettrici, rifornendo di energia i 20.000 soci residenti nella zona.

The Brooklyn Microgrid (BMG), New York, 2016

Fondata come benefit corporation dalla società madre, LO3 Energy, consiste in una rete energetica comunale in cui i cittadini di Brooklyn residenziali e commerciali possono acquistare e vendere energia rinnovabile generata localmente. I partecipanti accedono al mercato locale dell’energia attraverso un’app dove possono scegliere di acquistare energia solare locale, energia rinnovabile e/o energia di rete.

Bioenergy Village Jühnde, Germania, 2004

Il villaggio di Jühnde, in Germania, conta circa 750 abitanti. L’impianto bioenergetico locale è di proprietà degli abitanti di Jühnde uniti in una cooperativa. Il progetto ha potuto svilupparsi grazie al supporto politico e a quello dell’Università di Göttingen: la comunità oggi produce il 70% di calore e il doppio dell’energia richiesta. Attualmente quasi il 75% degli abitanti sono membri di questa società.

Cooperativa di Melpignano, Melpignano (LE), 2011

La cooperativa nasce dalla collaborazione tra Legacoop e l’amministrazione comunale con l’obiettivo di produrre energia utilizzando pannelli fotovoltaici posti sui tetti degli edifici pubblici e privati della città. La cooperativa ha inoltre la responsabilità di installare, gestire e mantenere gli impianti fotovoltaici, producendo energia e tenendo conto della domanda degli utenti che rivendendo il surplus.

Comunità pinerolese, Pinerolo (TO), 2019

Questa comunità è un altro recente progetto di comunità energetica, implementato nel territorio di Pinerolo, in Piemonte. I Comuni e le aziende sono inclusi in questa comunità, e tra questi 8 su 11 sono prosumer. La comunità comprende: 15 impianti fotovoltaici diversi da quelli domestici; centrali idro elettriche e produzione di biogas. Viene utilizzato anche il gas naturale, ma, in questo caso, è presente un sistema di cogenerazione ad alta efficienza (TOTEM).

GECO - Green Energy Community, Bologna, 2019

GECO è il progetto pilota che porterà alla creazione della comunità energetica di Pilastro-Roveri (BO). Il progetto intende rendere il sistema energetico locale più efficiente e resiliente, puntando sulla figura del prosumer, il cittadino, allo stesso tempo produttore e consumatore di energia da fonti rinnovabili. GECO si propone di affrontare gli aspetti sociali, tecnici ed economici legati alla creazione di una comunità energetica green, col fine di aumentare la sostenibilità ambientale, ridurre la povertà energetica e generare un ciclo economico a basse emissioni di carbonio.

CER - Energy City Hall, Magliano Alpi (CN), 2020

Nel dicembre del 2020 a Magliano Alpi è stata costituita la Comunità Energetica Rinnovabile Energy City Hall. Il Comune di Magliano Alpi, con il suo impianto fotovoltaico da 20 kWh installato sul tetto del Palazzo comunale, condivide la propria energia pulita prodotta proponendosi come coordinatore della CER oltre che produttore e consumatore.

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